San Tommaso d’Aquino spiega cosa sono i Salmi

Traduzione dal latino a cura di Gaetano Masciullo

Qui il link al testo originale in latino.

In ogni sua opera confessò il Santo, e all’eccelso diede gloria con la parola (Sir 47, 8a). Queste parole si riferiscono secondo la lettera a Davide; e in maniera abbastanza conveniente sono da prendere in considerazione per mostrare la causa della sua opera. Con queste parole si mostrano le quattro cause della sua opera: ossia la materia, il modo o forma, il fine e l’agente.

La materia dei Salmi

La materia è universale: perché, mentre i singoli libri canonici della Scrittura hanno una materia speciale, questo libro dei Salmi ha una materia generale di tutta la teologia; e questo è ciò che dice Dionigi nel libro sulle gerarchie celesti, cap. 3: intendere la Sacra Scrittura delle odi divine, cioè i Salmi, significa decantare tutte le operazioni sacre e divine. Da ciò si comprende che la materia è significata nelle parole: in ogni sua opera, perché i Salmi trattano di tutte le opere di Dio.

Le 4 operazioni divine

Inoltre l’opera di Dio è quadruplice. Anzitutto c’è l’opera di creazione: Dio si riposò il giorno settimo da tutte le opere, ecc. (Genesi 1); poi di governo: il Padre mio opera sempre, ecc. (Giovanni 5); poi di riparazione: mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato, affinché renda perfetta la sua opera (Giovanni 4); poi di glorificazione: la sua opera è piena della gloria del Signore (Siracide 42). E di tutte queste opere si tratta in maniera completa in questa dottrina.

Primo, dell’opera di creazione: vedrò i tuoi cieli, opere delle tue dita (Salmo 8). Secondo, dell’opera di governo: perchè tutte le storie dell’Antico Testamento sono toccate in questo libro: aprirò in parabole la mia bocca, ecc. (Salmo 77). Terzo, dell’opera di riparazione: quanto al capo, cioè Cristo, e quanto a tutti gli effetti della grazia: io mi corico e mi addormento, ecc. (Salmo 3). Infatti, tutto ciò che riguarda la fede nell’incarnazione, se è riportato lucidamente in quest’opera, tuttavia sembra appartenere più al vangelo, e non alla profezia. Quarto, l’opera della glorificazione: i santi esulteranno nella gloria, ecc. (Salmo 149).

E questa è la ragione per cui il Salterio viene recitato maggiormente nella Chiesa, perché contiene tutta la Scrittura.

Oppure, secondo la Glossa, per darci speranza nella Divina Misericordia: perché sebbene Davide avesse peccato, fu tuttavia riparato attraverso la penitenza.

La materia è quindi universale, perché riguarda ogni opera. E poiché ciò spetta a Cristo – in lui piacque abitare ogni pienezza della divinità (Colossesi 1) – ugualmente si può dire che la materia di questo libro è Cristo e le sue membra.

La forma dei Salmi

Il modo o forma si trova in molti modi nella Scrittura. Narrativo: forse Dio non ha fatto narrare ai suoi santi tutte le sue meraviglie? (Siracide 42) E questo modo si ritrova nei libri storici. C’è poi il genere dell’ammonizione, dell’esortazione, e del precetto: di’ queste cose ed esorta; argomenta con ogni comando (Tito 2); questo raccomando, testimone al cospetto di Dio, ecc. (1Timoteo 2). Questo modo si trova nella Legge, nei profeti, e nei libri di Salomone. Disputativo: e questo si ritrova in Giobbe e nell’apostolo Paolo: desidero disputare con Dio (Giobbe 13).

Il modo della supplica e della lode, esso si ritrova in questo libro: perché tutto ciò che viene detto negli altri libri secondo i predetti modi, qui è esposto secondo il modo della lode e della preghiera: confesserò a te, o Signore, ecc., narrerò, ecc. (Salmo 9). E nello stesso luogo dice: diedi la confessione, perché parla secondo il modo della confessione.

Spiegazione del titolo

E questa è la ragione del titolo, che è il seguente: inizia il libro degli inni, o dei soliloqui del profeta Davide circa il Cristo.

Un inno è una lode di Dio scritto in forma di cantico. Un cantico invece è l’esultanza della mente abituata a pensare alle cose eterne, che prorompe nella voce. Il titolo insegna allora a lodare Dio con esultanza. Un soliloquio è un dialogo dell’uomo con Dio fatto da solo, singolarmente, perché ciò conviene a chi loda e a chi prega.

Il fine dei Salmi

Il fine di questa Scrittura è la preghiera, che è l’elevazione della mente in Dio. Scrive il Damasceno: la preghiera è l’intelletto asceso in Dio. E il Salmo 148 dice: l’elevazione delle mie mani è il sacrificio della sera.

Ma in quattro modi l’anima è elevata in Dio: cioè per ammirare l’altezza della sua potenza: levate i vostri occhi verso l’eccelso, e vedete colui che ha creato queste cose (Isaia 40); quanto mirabili sono le tue opere, Signore (Salmo 103): e questa è l’elevazione della Fede.

In un secondo modo, la mente è elevata tendendo verso l’eccellenza dell’eterna beatitudine: potrai alzare la faccia senza macchia, sarai saldo e non avrai timori, dimenticherai anche l’affanno, più del sole meridiano splenderà la tua vita (Giobbe 11): e questa è l’elevazione della Speranza.

In un terzo modo, la mente è elevata per aderire alla bontà e alla santità divine: svegliati,
alzati, Gerusalemme,
ecc. (Isaia 51): e questa è l’elevazione della Carità.

In un quarto modo, la mente è elevata per imitare la giustizia divina nelle opere: innalziamo i nostri cuori al di sopra delle mani, verso Dio nei cieli (Lamentazioni 3): e questa è l’elevazione della Giustizia.

E a questo quadruplice modo fa riferimento il Siracide, quando dice: santo ed eccelso: perché i due ultimi modi sono pertinenti a quando dice: santo; i primi due a quando dice: eccelso. E che ciò sia il fine di questa Scrittura, lo si riscontra nei Salmi.

Anzitutto, per quanto riguarda l’eccelso: dal sorgere del sole, e più avanti, eccelso sopra tutti, ecc. (Salmo 112). Poi per quanto riguarda il santo: confidino nel tuo nome grande, perché è santo e terribile (Salmo 95).

Per la stessa ragione, papa Gregorio Magno nella prima omelia su Ezechiele dice che la voce del salmista, se condotta con intenzione del cuore, prepara attraverso se stessa il viaggio del cuore verso Dio onnipotente, affinché infonda all’anima tesa o i misteri della profezia o la grazia della compunzione. Dunque il fine dei Salmi è il congiungimento dell’anima a Dio, in quanto questi è santo ed eccelso.

L’autore dei Salmi

Invece l’autore di questa opera è indicata dalle parole del Siracide: diede gloria con la parola. È infatti da notare che nella Sacra Scrittura c’è un certo tipo di cose, mentre nelle altre scienze c’è un altro tipo.

Infatti, le altre scienze si sviluppano per la ragione umana, mentre questa Scrittura per istinto dell’ispirazione divina: non da volontà umana fu recata mai una profezia, ma mossi da Spirito Santo parlarono quegli uomini da parte di Dio (2 Pietro 1).

E così la lingua dell’uomo è presente nella Scrittura come la lingua di un bambino che ripete le parole dettate da qualcun altro: la mia lingua è un calamo (Salmo 44); lo Spirito del Signore parla attraverso di me, e il suo sermone attraverso la mia lingua (2Re 23). E qui dice: nella parola del Signore, o nella gloria, che si rivela attraverso la rivelazione. Segue poi: percuotimi con il sermone del Signore (3Re 20), cioè con la rivelazione divina.

E questa Scrittura può essere detta verbo di gloria in quattro modi: perché in quattro modi ci si relaziona con la gloria: cioè quanto alla causa dalla quale fluisce, perché questa dottrina fu emanata dal verbo glorioso di Dio: dalla maestosa gloria gli fu rivolta questa voce: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto» (2Pietro 1).

Quanto al contenuto, perché in questo libro è contenuta la gloria di Dio che annuncia: annunciate tra le genti la sua gloria (Salmo 96).

Quanto al modo dell’emanazione: gloria infatti è sinonimo di chiarezza: e la rivelazione di questa profezia fu gloriosa, perché pubblica.

Infatti, il modo della profezia può essere triplice. Attraverso le cose sensibili: apparvero dita, come di uomo che scrive, ecc., il re osservava le dita della mano che scriveva (Daniele 5). Per similitudine di immagini, com’è evidente nel sogno del Faraone e nell’interpretazione fatta da Giuseppe (Genesi 41), oppure qui: vidi il Signore seduto sopra il trono eccelso ed elevato, ecc. (Isaia 6).

Per manifestazione della stessa Verità. E tale modo convenne alla profezia di Daniele, il quale con l’istinto del solo Spirito Santo, senza l’ausilio di alcuna cosa esteriore, produsse la propria profezia.

Infatti gli altri profeti, come dice sant’Agostino, profetarono eventi e insegnamenti attraverso certe immagini di cose sensibili e attraverso rivestimenti di parole, cioè attraverso i sogni e le visioni: ma Daniele fu edotto della nuda verità.

Perciò anche Davide dice: lo Spirito del Signore ha parlato, ecc. (2Re 22). Subito aggiunge: come la luce dell’aurora, del sole mattutino di oriente senza nubi, si tinge di rosso. Il sole è lo Spirito Santo che illumina i cuori dei profeti, che talvolta appare sotto le nubi, talvolta illumina i profeti nei due modi predetti, talvolta senza nubi, come in questo caso.

E a ciò può essere ricondotto ciò che si dice in 2Re 6: quanto glorioso fu oggi il re di Israele, che si è manifestato davanti alle ancelle dei propri servi, e si è denudato. E poiché attraverso questa parola ci invita alla gloria. Questa gloria è per tutti i suoi santi (Salmo 115), così ha bene premesso, che glorioso, ecc.

Riepilogo

È evidente allora che la materia di questa opera sia ogni operazione del Signore. Il modo, quello della supplica e della lode. Il fine, quello di essere elevati e uniti all’eccelso e al santo. L’autore, lo stesso Spirito Santo che rivela queste cose.

Ma prima di passare al testo di questo libro, dobbiamo considerare tre aspetti di carattere generale. Primo, la traduzione di questa opera. Secondo, il modo con cui è esposta. Terzo, la sua divisione interna.

Le 3 traduzioni

Ci sono tre traduzioni. Una fatta al principio della Chiesa terrena, al tempo degli apostoli, ed essa era viziata già al tempo di san Girolamo a causa degli scrittori. Perciò, in seguito alle richieste di papa Damaso, san Girolamo corresse il Salterio, e questa versione si legge in Italia.

Ma poiché questa traduzione discordava dal greco, presto san Girolamo tradusse i Salmi, in seguito alle richieste di Paola, dal greco al latino, e questa versione fu fatta cantare da papa Damaso in Francia, ed è concorde parola per parola con il greco.

In seguito, dal momento che Sofronio discuteva spesso con i giudei, poiché i giudei dicevano che non si doveva avere il Salterio così come era stato introdotto nella seconda traduzione, il suddetto Sofronio chiese a san Girolamo di tradurre il Salterio dall’ebraico al latino.

Tale richiesta fu accolta da san Girolamo. Questa traduzione concorda totalmente con l’ebraico, ma non è cantata in alcuna Chiesa; tuttavia è tenuta in considerazione da molti.

L’esposizione dei Salmi

Per quanto riguarda il modo dell’esposizione dei Salmi, c’è da sapere che, sia per quanto riguarda i Salmi sia per quanto riguarda gli altri profeti, nella spiegazione dobbiamo evitare un errore condannato nel quinto sinodo.

Infatti, Teodoro di Mopsuestia disse che nella Sacra Scrittura e nei profeti niente è detto espressamente di Cristo, ma di altre cose, che al Cristo si adattano: come in quel Salmo 21: hanno diviso le mie vesti, ecc. Non si riferirebbe a Cristo, ma letteralmente si riferirebbe a Davide.

Pertanto, questo metodo è stato condannato in quel Concilio, e chi asserisce questa tesi mentre spiega le Scritture è un eretico.

Perciò san Girolamo, nel suo commento a Ezechiele, ci fornisce una regola che dobbiamo rispettare anche per i Salmi: cioè che le cose esposte sono da spiegare così, come figuranti qualcosa di Cristo oppure della Chiesa.

Come infatti si dice: tutte le cose antiche si riferivano figurativamente a quelle nuove (1Cor 10). Infatti le profezie, ogni qualvolta parlano di cose che riguardano cose dell’epoca, ma non si riferiscono ad esse principalmente, allora sono dette in qualità di figura delle cose future: e perciò lo Spirito Santo ordinò che quando tali profezie fossero dette, venissero inserite in esse cose che eccedono la condizione di quelle gesta, affinché l’animo fosse elevato verso ciò che in esse è figurato.

Così in Daniele si dicono molte cose su Antioco per figurare l’Anticristo: pertanto qualsiasi cosa sia qui letta che non è completamente riscontrabile in Antioco, si riferisce in realtà all’Anticristo.

Allo stesso modo, qualunque cosa si legga del regno di Davide e di Salomone che non era riscontrabile nei regni effettivi di tali uomini, va piuttosto riferita al regno di Cristo, cui quei regni si riferiscono come figura: così il Salmo 71: Dio, da’ al re il tuo giudizio, al figlio del re la tua giustizia, cosa che è secondo il titolo del regno di Davide e di Salomone; e pone qualcosa in questo regno che eccede la facoltà dello stesso, cioè: nei suoi giorni fiorirà la giustizia
e abbonderà la pace, finché non si spenga la luna; e ancora: dominerà da mare a mare,
dal fiume sino ai confini della terra
, ecc.

Questo Salmo espone dunque il regno di Salomone in quanto è figura del regno di Cristo, nel quale tutte le cose qui dette saranno completate.

La distinzione interna dei Salmi

Per quanto riguarda la distinzione interna, dapprima c’è da considerare che i Salmi sono 150; e ciò ha a che fare con il mistero, perché questo numero è composto da 70 e 80. Il numero 7, da cui si ricava il 70, rappresenta il decorso di questo tempo, che suddividiamo in sette giorni; il numero 8 invece, da cui si ricava l’80, rappresenta lo stato della vita futura.

L’ottavo giorno, secondo la Glossa, è il giorno dei risorti; e significa che in questo libro si tratta delle cose che riguardano sia il decorso della vita presente sia la gloria futura.

Ugualmente, il numero 7 rappresenta l’Antico Testamento. I padri veterotestamentari servivano infatti una serie di settenari: osservavano il settimo giorno (sabato), la settima settimana, il settimo mese, e il settimo anno della settima decade, che si chiama anno giubilare.

Il numero 8 rappresenta il Nuovo Testamento: celebriamo infatti il giorno ottavo, cioè la Domenica per la solennità della Resurrezione del Signore. In questo libro sono contenuti i misteri dell’Antico e del Nuovo Testamento.

Una seconda distinzione viene fatta da coloro che dicono che il Salterio è diviso in cinque libri, attraverso cinque distinzioni dei Salmi, che terminano con “sia sia”, in greco, con l’ebraico corrispondente: amen, amen. E in ciò i libri furono divisi in base a dove si trovano queste parole: cioè il primo libro finirebbe con il Salmo 40: beato chi intende; il secondo con il Salmo 71: Dio da’ il tuo giudizio; il terzo con il Salmo 88: le misericordie del Signore; il quarto con il Salmo 106: cioè al secondo Confessate; quindi il quinto libro con il Salmo 150. Ma questa distinzione non esiste presso gli ebrei, che considerano tutti i Salmi un solo libro.

Com’è scritto nel libro dei Salmi: si faccia ricordo, ecc. (Atti 1). Quando infatti dice: amen, amen, o “sia, sia”, non si vuole fare riferimento alla fine di un libro, perché queste stesse parole vengono poste anche più volte in altri libri, senza perciò indicarne la fine.

Una terza distinzione è invece quella per cui i Salmi vengono suddivisi in tre cinquantine. E tale distinzione fa riferimento a tre possibili condizioni del popolo fedele: cioè la condizione di penitenza, cui è ordinata la prima cinquantina, che termina con abbi pietà di me, o Dio, che è il Salmo della penitenza.

La seconda cinquantina riguarda lo stato di giustizia: ed esso consiste nel giudizio, e termina con il Salmo 100: misericordia e giudizio. La terza cinquantina conclude la lode della gloria eterna, e perciò termina: ogni spirito lodi il Signore (Salmo 150).

Tuttavia, circa l’ordine dei Salmi, c’è da sapere che i Salmi fanno riferimenti storici, ma non sono ordinati secondo l’ordine storico. Infatti, il Salmo Ti amerò, Signore fa riferimento alla storia di re Saul, ma quello intitolato Signore, sono moltiplicati fa riferimento alla storia di Assalonne, che è a quella posteriore: perciò ognuno di essi significa qualcosa d’altro rispetto alla semplice storia.

La prima cinquantina, pertanto, fa riferimento allo stato di penitenza, e perciò in maniera figurativa si tratta in essa delle tribolazioni e degli attacchi subiti da Davide, e della sua liberazione. E affinché tale divisione sia secondo la lettera, essendo Davide nel suo regno, prega contro un duplice assedio o persecuzione.

Per primo, contro la persecuzione che fu mossa contro tutto il popolo di Dio, e questo c’è nella quinta decade: come il cervo desidera la fonte d’acqua così l’anima mia desidera te, Dio (Salmo 41).

A livello universale, infatti, il giusto dentro di sé è afflitto in due modi: talvolta da chi lo perseguita temporaneamente, talvolta da coloro che vivono ingiustamente: tormentavano l’anima del del giusto con opere inique (2 Pietro 2); m’ha preso lo sdegno contro gli empi che abbandonano la tua legge, ecc. (Salmo 118).

E dunque, per quanto riguarda il primo modo, la Scrittura pone i Salmi che fanno riferimento alla prima persecuzione di Davide, secondo ciò che significa qualcosa contro Cristo e contro la Chiesa.

Per quanto riguarda il secondo modo, quelli che fanno riferimento alla seconda tribolazione, nella quarta decade: beati quelli cui sono rimesse le iniquità (Salmo 31).

Allo stesso modo, Davide ha sofferto durante il proprio regno una doppia tribolazione: una da parte di persone ben precise, una da tutto il popolo. Per quanto riguarda la prima, dunque, si pongono i Salmi contro la persona. Per quanto riguarda la seconda, i Salmi in cui si prega contro la seconda tribolazione: e ciò avviene nella terza decade, cioè dal Salmo Dio, Dio.

Davide ha sofferto due persecuzioni da parte di persone ben precise: sarebbe a dire da parte di Assalonne e da parte di Saul. E questo significa che la persecuzione sofferta dai santi si verifica o da parte di persone vicine o da parte di estranei: così Cristo ha sofferto sia per mano di Giuda sia per mano dei giudei.

Allora si pongono dapprima i Salmi contro Assalonne, e poi contro Saul, e questi ultimi a partire dalla seconda decade: mi salvi, o Signore (Salmo 11).

Per forza di cose bisognerà esaminare i Salmi a partire dalla prima decade, che inizia con questo Salmo: beato l’uomo, ecc.