Salmo 1: l’esegesi di san Tommaso d’Aquino

Traduzione dal latino a cura di Gaetano Masciullo

Qui il link al testo originale in latino.

Beato l’uomo che non cammina lungo il consiglio degli empi, e non resta sulla via dei peccatori, e non siede sulla cattedra della pestilenza; / ma la sua volontà è nella legge del Signore, e sulla sua legge medita giorno e notte. / E sarà come un albero che è piantato lungo corsi d’acqua, che dà il proprio frutto a suo tempo: e le sue foglie non cadono, e qualunque cosa faccia prospererà. / Non così gli empi, non così; ma come polvere che il vento disperde dalla faccia della terra. / Perciò gli empi non risorgono in giudizio, né i peccatori nel concilio dei giusti: / poiché il Signore ha conosciuto la via dei giusti, e la via degli empi perirà.

La materia

Questo salmo si differenzia dal resto dell’opera: non ha infatti un titolo, ma fa come da titolo di tutta l’opera.

Per di più, Davide compose i Salmi al modo di chi prega, che non osserva un’unica forma, ma segue i diversi sentimenti e i moti che chi prega avverte dentro se stesso.

Qui dunque il primo salmo esprime l’affetto dell’uomo che alza gli occhi sulla condizione complessiva del mondo, e che considera in che modo alcune cose prosperino, altre falliscano.

E tra i beati Cristo fu il primo; tra i malvagi lo fu Adamo.

Ma si noti bene: che tutti convengono circa una cosa, mentre si differenziano su due cose. Convengono alla beatitudine, che tutti ricercano; differiscono invece nel processo per conseguire la beatitudine, e nella sua realizzazione: perché alcuni ci arrivano, altri no.

La divisione

Allora questo salmo si divide in due parti. Nella prima si descrive il processo di tutti verso la beatitudine. Nella seconda la realizzazione, che inizia qui: sarà come un albero che è piantato lungo corsi d’acqua.

Circa il processo per il raggiungimento della beatitudine il salmista fa due cose. Primo, affronta il processo dei malvagi; secondo, quello dei buoni, che inizia qui: ma la sua volontà è nella legge del Signore, ecc.

Il processo del malvagio

Per quanto riguarda il processo dei malvagi, bisogna considerare tre cose. Primo, la scelta del peccato, fatta con il pensiero; secondo, il consenso e l’esecuzione; terzo, l’indurre gli altri ad agire similmente; e questo è il male peggiore.

E così per primo pone il consiglio dei malvagi, dove dice: beato l’uomo, ecc. Dice pertanto: che non cammina; perché fino a che l’uomo delibera, egli è in transito.

Per secondo, pone il consenso e l’esecuzione, dove dice: e sulla via dei peccatori, cioè nell’operazione. Leggiamo: la via degli empi è tenebrosa, essi non sanno dove corrono (Proverbi 4). Il salmista scrive: non resta, cioè non acconsente e non opera. Dice anche: degli empi, perché l’empietà è un peccato contro Dio, e dei peccatori contro il prossimo.

E non siede sulla cattedra della pestilenza: per terzo, pone l’induzione degli altri al peccato. In cattedra, dunque, come un maestro, insegna agli altri a peccare: e perciò dice pestilenza, perché la pestilenza è un morbo infettivo. Gli uomini appestati distruggono la città (Proverbi 29). Chi dunque procede così non è beato, ma lo è chi procede nel modo contrario.

Il processo del buono

La beatitudine dell’uomo infatti sta in Dio. Beato il popolo il cui Signore è il suo Dio, ecc. (Salmo 143). Per primo, dunque, il processo verso la beatitudine è retto affinché ci sottomettiamo a Dio: e ciò avviene in due modi. Primo, attraverso la volontà, obbedendo al suo mandato; e perciò scrive: nella legge del Signore; e questo riguarda soprattutto Cristo. Io sono disceso dal Cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha inviato (Giovanni 8). In maniera simile ciò conviene per qualunque giusto. E dice nella legge, per indicare il diletto; non sotto la legge, per timore. La legge non è imposta al giusto (1Timoteo 1).

Per secondo, attraverso l’intelletto, secondo una meditazione continua. E perciò dice: sulla sua legge medita giorno e notte, cioè continuamente, oppure in certe ore del giorno e della notte, oppure nelle prosperità e nelle avversità.

La realizzazione dei buoni

In questa parte, è descritta la realizzazione della felicità. Per prima cosa, il salmista pone la sua diversità. Per seconda cosa, ne assegna la ragione, laddove dice: poiché il Signore ha conosciuto, ecc.

Per quanto riguarda la prima, compie due cose. Primo, pone la realizzazione dei buoni; secondo, quella dei malvagi, laddove dice: non così gli empi, ecc. Per quanto riguarda la realizzazione dei buoni, egli usa una similitudine: prima la propone; poi la rende adatta, dove dice: e qualunque cosa faccia prospererà.

La somiglianza è desunta dunque dall’albero: riguardo a esso bisogna considerare tre cose, cioè il trapianto, la fruttificazione e la conservazione. Per il trapianto è necessaria una terra bagnata dall’acqua, altrimenti inaridirebbe; e perciò dice: che è piantato lungo corsi d’acqua, cioè lungo i flussi delle grazie. Chi crede in me, fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno (Giovanni 7).

E chiunque abbia radici lungo quest’acqua, darà frutto compiendo opere buone; e perciò prosegue dicendo: che darà suo frutto. L’apostolo: frutto dello Spirito è infatti la carità, la gioia, la pace, la pazienza, la longanimità, la bontà, la benignità, ecc. (Galati 5).

A suo tempo, cioè secondo quando è il tempo di agire. Mentre abbiamo tempo, operiamo bene nei riguardi di tutti (Galati ult.).

Ma ciò che non inaridisce, al contrario si conserva. Alcuni alberi si conservano nella sostanza, ma non nel fogliame; altri si conservano anche nel fogliame, e così avviene per i giusti, perciò dice: e le sue foglie non cadono, cioè non peccheranno in omissione contro Dio né per quanto riguarda le minime opere né i minimi gesti esteriori. I giusti infatti germoglieranno come verdi foglie (Proverbi 11).

In seguito quando dice: e qualunque cosa faccia prospererà, il salmista adatta la similitudine, perché i beati prospereranno in tutte le cose, e ciò avverrà quando conseguiranno il fine verso cui tendono, quanto a tutto ciò che desiderano, perché i giusti perverranno alla beatitudine. O Signore, salvami, o Signore, fammi ben prosperare, ecc. (Salmo 116).

La realizzazione dei malvagi

La realizzazione dei malvagi è contraria, ed è descritta laddove dice: non così, ecc. E per descriverla il salmista compie due cose. Primo, pone la similitudine; secondo, la adatta, dove dice: non risorgeranno.

Si noti però che qui introduce con le parole: non così, e poi di nuovo: non così, per dare maggiore certezza. Quanto al fatto che lo hai visto due volte, è indizio di fermezza (Genesi 42). Oppure si può dire che il primo non così si riferisce al processo, mentre il secondo non così alla realizzazione. Hai ricevuto beni durante la tua vita e Lazzaro parimenti i mali; ora invece questi è consolato e tu sei invece in mezzo ai tormenti (Luca 16).

I malvagi sono paragonati poi in maniera appropriata alla polvere, perché questa possiede tre proprietà contrarie a quanto è stato detto dell’uomo giusto. Poiché la polvere non aderisce alla terra, ma è in superficie. Invece l’albero è piantato con le radici. Allo stesso modo, l’albero è in se stesso compatto e umido, mentre la polvere è in se stessa divisa, secca e arida.

Questo è detto perché i buoni sono raccolti nella carità come un albero. Preparate il giorno solenne con rami frondosi, fino ai lati dell’altare (Salmo 117). Invece i malvagi sono divisi. Ci sono sempre contese tra i superbi (Proverbi 13). Allo stesso modo, i buoni aderiscono con radici nelle cose spirituali e nei beni divini, ma i malvagi sono sostenuti dai beni esteriori. Allo stesso modo sono senza l’acqua della grazia. Sei polvere, ecc. (Genesi 3).

E pertanto ogni loro malizia fallisce, come cade la foglia della vite e del fico (Isaia 34). Dei buoni invece si dice qui che le sue foglie non cadranno.

Non perirà neanche un capello del vostro capo (Luca 21).

Ma di questi malvagi è detto che saranno estirpati totalmente dalla faccia, cioè i loro beni superficiali, che il vento, cioè la tribolazione, disperde dalla faccia della terra. Giobbe dice: ho visto coloro che operano iniquità, e seminano dolori, e li raccolgono, perire al soffio di Dio, e dallo spirito della sua bocca essere consumati (Giobbe 4).

Poi il salmista adatta qui la similitudine: non risorgeranno, perché sono come polvere. Ma sembra che la stessa Scrittura contraddica questo laddove dice che: conviene che tutti noi siamo presentati al tribunale di Cristo (2 Corinzi 5). E anche: tutti risorgeremo (1 Corinzi 15).

A ciò bisogna rispondere dicendo che in due modi questa frase può essere letta. Risorgere, infatti, propriamente si dice dell’uomo in giudizio, quando la sua causa è assolta per sentenza del giudice. Questi malvagi dunque non risorgono, perché la sentenza del giudizio non è a loro vantaggio, ma piuttosto a loro sfavore: perciò un’altra traduzione dello stesso passo dice: non saranno resi stabili. Per i buoni invece accadrà così: poiché è giusto che siano afflitti dal peccato del primo genitore, tuttavia saranno giudicati per le proprie colpe. I peccatori non si raduneranno nel consiglio dei giusti, perché i buoni si raduneranno nella vita eterna, alla quale i malvagi non saranno ammessi.

Oppure bisogna dire che qui si intende la riparazione di giustizia alla quale giungono con il proprio giudizio: se ci esaminassimo bene da per noi stessi, non saremmo condannati (1Corinzi 11). E quanto a ciò dice: non risorgeranno nel giudizio, cioè nel proprio giudizio, del quale è detto: risvegliati, o tu che dormi, e risorgi dai morti, e Cristo ti darà luce (Efesini 5). Alcuni in verità sono redenti dal consiglio dei buoni: e anche in questo modo i malvagi non risorgeranno dal peccato.

Oppure gli empi, cioè gli infedeli, non risorgono – cioè non hanno la meglio – nel giudizio della discussione e dell’esame, perché, secondo san Gregorio Magno, alcuni saranno condannati e non giudicati, in quanto infedeli; altri non saranno nè giudicati nè condannati, come gli apostoli e gli uomini perfetti; altri ancora saranno giudicati e condannati, come i credenti malvagi.

Così dunque i fedeli non risorgeranno nel giudizio della discussione, affinché non siano esaminati. Chi non crede, è già giudicato (Giovanni 3). I peccatori invece non risorgeranno nel consiglio dei giusti, in quanto cioè saranno giudicati e non condannati.

Poi è data la ragione per cui in questo mondo essi non risorgeranno in giudizio, laddove dice: poiché il Signore ha conosciuto la via dei giusti. E dice correttamente: perché quando qualcuno sa di essere smarrito, cerca riparo; quando invece non ne è consapevole, non cerca riparo. I giusti infatti saranno dissolti con la morte, e tuttavia Dio li ha conosciuti. Dio ha conosciuto coloro che gli appartengono (2Timoteo 2), ha riconosciuto cioè la loro prova, e quindi li ha redenti; ma poiché non ha riconosciuto la via degli empi secondo la loro prova, allora la via degli empi perirà. Dice il Salmo 118: come pecora smarrita vado errando:
cerca il tuo servo, o Signore, perché non ho dimenticato i tuoi comandamenti
; mentre il Salmo 34: la loro strada sia buia e scivolosa quando li insegue l’angelo del Signore.