San Tommaso d’Aquino e il Purgatorio

San Tommaso d’Aquino aveva intenzione di trattare, all’interno di quel grande capolavoro che è la Somma di Teologia, anche della verità di fede del Purgatorio, che ai suoi tempi non era ancora stato proclamato ancora esplicitamente come dogma (avverrà solo con il Concilio di Firenze nel 1439, e poi ancora con il Concilio di Trento nel 1563 con il decreto De Purgatorio), e tuttavia, come ogni verità di fede, è stato sempre creduto sin dai primi secoli e con il consenso pressoché unanime dei Padri e dei Dottori, sebbene negli ultimi tempi sono numerosissimi i sedicenti studiosi, sia cattolici sia acattolici, che impugnano questa realtà sovrannaturale, grande manifestazione a un tempo della giustizia e della misericordia di Dio.

Tuttavia, san Tommaso morì prima di poter completare la Somma e le questioni riguardanti il Purgatorio furono completate e compilate dal suo grande amico, discepolo e confessore, fra Reginaldo da Piperno, e oggi costituiscono le due questioni in Appendice del Supplemento della Somma di Teologia. In esse troviamo ciononostante una sublime sintesi cattolica di questa grande verità di fede.

Il Purgatorio esiste?

Il punto di partenza è ovviamente la Sacra Scrittura, rivelazione diretta di Dio all’uomo. Senza mezzi termini, in 2Maccabei 12, 46 leggiamo: “È santo e salutare pensare di pregare per i defunti, perché siano liberati dai peccati”. Se accettiamo queste parole come rivelate da Dio (interessante notare che i protestanti, seguendo il canone ebraico post-farisaico rifiutino questo e altri testi della Bibbia, i cosiddetti deuterocanonici, considerandoli alla stregua di apocrifi), non possiamo logicamente concludere che il Purgatorio deve esistere.

Cosa intendiamo per Purgatorio? Qual è la sua definizione? Esso va inteso come quel luogo in cui le anime, trapassate senza colpa mortale, ma aventi ancora un debito di pena o colpe veniali, si purificano prima di entrare nella beatitudine del Paradiso. Per questo motivo, a differenza dell’Inferno e del Paradiso, il Purgatorio è temporaneo.

Dal versetto citato di 2Maccabei, san Tommaso ragiona in maniera stringente: “Non occorre pregare per i defunti, che sono in Paradiso, perché non mancano di nulla. Inoltre, neppure per chi è all’inferno, perché non può essere liberato dai peccati. Dunque, dopo questa vita ci sono alcuni, non ancora liberati dai peccati, che possono essere liberati”.

Queste anime purganti giustamente sono chiamate dalla Chiesa sante e vengono considerate a tutti gli effetti come proprie membra (infatti si parla di Chiesa purgante). Esse – scrive san Tommaso – “hanno la carità, senza la quale non c’è remissione dei peccati”, cioè sono in grazia di Dio, ma non possono ancora avere accesso nei Cieli, perché, come leggiamo in Apocalisse 21, 27: “nulla vi entrerà di impuro”.

Contro i vari Jacques Le Goff, secondo i quali il Purgatorio sarebbe un’invenzione della Chiesa medievale, san Tommaso d’Aquino cita un Padre come san Gregorio di Nissa, che scriveva, poco più che tre secoli dopo la venuta di Gesù: “Se uno, pur consentendo a Cristo come a un amico, non potrà purificarsi dai peccati in questa vita, dopo che se ne andrà da qui, ne sarà sciolto mediante il fuoco del purgatorio. […] Queste cose diciamo, custodendo il dogma della verità, e queste cose crediamo”.

San Tommaso d’Aquino scrive che “chi nega il purgatorio, parla contro la giustizia divina”.

Dove si trova il Purgatorio?

Presso molti teologi cattolici che cercano sempre di addolcire e ammorbidire le secolari verità di fede cattoliche, forse temendo che il mondo possa inorridirsi o allontanarsi dinanzi a parole tremende e severe, va di moda affermare che il Purgatorio sia un’anticamera del Paradiso, pieno di dolcezza del Padre e di misericordia.

San Tommaso d’Aquino, invece, ci mette in guardia e ci dice – come sempre con logica stringente – che il Purgatorio è un lembo dell’Inferno. San Gregorio Magno (VI sec. d.C.) usa un’espressione efficace: “come dentro lo stesso fuoco l’oro brilla e la paglia fuma, così dentro lo stesso fuoco il peccatore è bruciato e l’eletto è purificato”. Dunque – conclude san Tommaso – “il fuoco del Purgatorio e dell’Inferno è lo stesso, e così, sono nello stesso luogo”.

Se dovessimo pensare a una geografia dell’Inferno, possiamo immaginarlo come stratificato su più livelli. In basso abbiamo l’Inferno vero e proprio, eterno, dove sono puniti gli spiriti degli angeli caduti e delle anime dannate; poi c’è il Purgatorio; quindi il Limbo, cioè il luogo dei giusti non battezzati (che hanno come unica colpa il peccato originale e logicamente come unica pena l’assenza di visione beatifica).

Si soffre nel Purgatorio?

Usando un’espressione molto efficace, la mistica e santa Caterina da Genova – la mistica del Purgatorio – diceva che il Purgatorio è “l’Inferno a tempo”. Non dobbiamo pensare che le pene purganti siano più leggere di quelle infernali, e san Tommaso specifica che “quel fuoco del Purgatorio avrà una durezza maggiore di qualsiasi pena uno possa sentire, vedere oppure immaginare in questo mondo”.

Del resto non può che essere così (e qui aggiungo una mia opinione tutta personale, che non attribuisco naturalmente a san Tommaso): dal momento che pecchiamo con il corpo, anche con il corpo dobbiamo espiare, e per questo motivo le penitenze che facciamo finché siamo in vita sono più efficaci nel saldare il debito di giustizia rispetto alle penitenze che faremmo nell’aldilà, che sono più dolorose e lunghe proprio perché non abbiamo più lo strumento con cui abbiamo peccato, cioè il nostro corpo. Forse a qualcosa del genere, però, pensa lo stesso san Tommaso d’Aquino quando scrive: “L’anima separata è punita interamente, poiché è semplice. Inoltre, non si può dire la stessa cosa del corpo. Dunque, quella pena dell’anima separata è maggiore di qualsiasi pena, che potrebbe sopportare il corpo”.

Quindi, c’è differenza di pena tra le anime dell’Inferno, le anime del Purgatorio e le anime del Limbo, pur trovandosi tutte nello stesso luogo. Le anime dell’Inferno soffrono eternamente la pena del danno (cioè la privazione della visione beatifica di Dio), la pena del senso e le pene accessorie; le anime del Limbo soffrono solo la pena del danno, ma godono della piena felicità naturale; mentre le anime del Purgatorio soffrono la pena del danno e la pena del senso, tanto che si parla di fuoco del Purgatorio, ma non soffrono le pene accessorie; teniamo però presente che anche in Purgatorio “la minima pena del Purgatorio supera la massima pena di questa vita”.

C’è un’altra ragione per cui le anime purganti soffrono così intensamente in Purgatorio, ed è molto diversa da quella per cui le anime dannate soffrono così tanto. Infatti, le anime dannate soffrono a causa del loro odio verso Dio e verso il prossimo; le anime purganti soffrono tantissimo a causa del loro amore. “Quanto più una cosa è desiderata, tanto più è molesta la sua mancanza. E poiché l’affetto, con cui si desidera il sommo bene dopo questa vita, è intensissimo nelle anime sante, […] anche perché il momento di fruire del sommo bene sarebbe già venuto [se avessero fatto penitenza a tempo debito], ecco perché soffrono al massimo per [questo] ritardo” della visione beatifica di Dio.

Le pene del Purgatorio sono volontarie?

Un altro equivoco che va chiarito è che le pene del Purgatorio non sono volontarie. Spesso si dice o si sente dire, da pseudo-mistici o persino sacerdoti, che le anime purganti vogliono soffrire per amore di Dio, per poter entrare purificate in Cielo. San Tommaso d’Aquino invece spiega bene che le pene del Purgatorio non sono volontarie. E non potrebbe essere così, perché “nessuno chiede di essere liberato dalla pena che subisce volontariamente”. Certamente le anime purganti accettano la pena, perché capiscono che è necessaria per la loro salvezza eterna, ma non la vogliono.

“La volontà non accetta la pena e vorrebbe esserne liberata, ma la sopporta”, e solo in questo senso potremmo definire tale pena del Purgatorio “volontaria”.

Alcune anime vengono liberate prima di altre?

San Paolo parla chiaramente del Purgatorio nella prima lettera ai Corinzi, laddove leggiamo: “Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un sapiente architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento come costruisce. Infatti, nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo. E se, sopra questo fondamento, si costruisce con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia, l’opera di ciascuno sarà ben visibile: la farà conoscere quel giorno che si manifesterà col fuoco, e il fuoco proverà la qualità dell’opera di ciascuno. Se l’opera che uno costruì sul fondamento resisterà, costui ne riceverà una ricompensa; ma se l’opera finirà bruciata, sarà punito: tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco” (1Cor 3, 10-15).

In questo passo, san Paolo sta dicendo che ognuno deve contribuire con le proprie opere a edificare il Regno dei Cieli, e tuttavia non tutte le opere sono uguali. Legno, fieno e paglia sono tre modi con cui l’apostolo indica i peccati veniali, perché alcuni sono più gravi di altri, pur essendo tutti veniali. Commentando proprio questo passaggio, san Tommaso d’Aquino scrive: “si sa che la legna resta nel fuoco più a lungo del fieno e della paglia. Dunque, nel purgatorio, un peccato veniale è punito più a lungo di un altro”. Qual è il criterio? Continua il Doctor Angelicus: “nella misura in cui l’affetto è più incline verso di essi e vi si attacca con più forza. Le cose che sono più aderenti sono purificate più lentamente, ecco perché alcuni sono tormentati nel purgatorio più a lungo di altri, nella misura in cui il loro affetto sia stato maggiormente immerso nei peccati veniali”.

Quindi san Tommaso distingue l’intensità della pena dalla durata della pena: “la durezza della pena corrisponde propriamente alla gravità della colpa; invece, la durata corrisponde al radicamento della colpa nel soggetto. Perciò può accadere che uno, pur essendo tormentato dimeno, vi rimanga più a lungo, e viceversa”.

Come funzionano i suffragi?

San Tommaso affronta il tema dei suffragi nelle questioni 71 e seguenti del Supplemento della Somma di teologia. I suffragi sono i meriti offerti a Dio dalle membra della Chiesa militante (cioè in questa vita) per ridurre la durata delle pene del Purgatorio per certe anime, o per liberare le anime dalle stesse pene.

Che tutte le membra del Corpo Mistico di Cristo siano unite e partecipino in qualche misura spiritualmente l’uno dell’altro è affermato dalla stessa Parola di Dio. Nel Salmo 118, per esempio, leggiamo in maniera trasparente: “Sono partecipe di tutti quelli che ti temono”.

San Giovanni Damasceno – vissuto tra VII e VIII secolo – chiarisce che la pratica di offrire a Dio i propri meriti per suffragare le anime purganti risale fino agli stessi Apostoli: “Consapevoli dei misteri, i discepoli del Salvatore e i santi Apostoli, stabilirono che, durante i tremendi e vivificanti misteri, si facesse memoria di quelli che si addormentarono nella fede”.

Requiem aeternam dona eis, Domine,
et Lux perpetua luceat eis: requiescant in pace.
Amen