Recuperate le meditazioni dei certosini sul Sacro Cuore di Gesù

Christ in desert Painting by Nicholas Roerich
Nicolas Roerich, Cristo nel deserto (1933)

Recentemente Veritatis Diaconia ha pubblicato un mio studio sul significato della devozione al Sacro Cuore di Gesù Cristo dal punto di vista della teologia della storia.

Nell’approfondire questo autentico tesoro di preghiera e adorazione, mi sono imbattuto in un libretto edito dalla casa editrice Monasterium, purtroppo poco promosso nel mondo editoriale cattolico italiano, ma la cui lettura ho trovato davvero piacevole e fertile dal punto di vista spirituale.

Il libro in questione si intitola Un lembo di vita buona ed è una raccolta di pensieri scritti da monaci certosini vissuti tra il 1300 e il 1900 sul Sacro Cuore di Gesù, recuperati e tradotti per la prima volta in italiano. Parliamo dunque di un periodo molto ampio della storia della Chiesa. I certosini sono l’ordine monastico fondato da san Bruno nel 1064 in Francia, alla Certosa, località che diede il nome all’intero Ordine.

Il carisma dei certosini è quello di saper coniugare vita eremitica e vita comunitaria in maniera davvero esemplare. Le comunità certosine sono sempre state molto ridotte, tanto che si parla di “famiglie certosine”, e ogni monaco (dal greco mònos, cioè “uno”, “solitario”) vive in una cella che ricorda più una casetta, persino fisicamente separata da tutte le altre.

Queste comunità molto particolari e suggestive anche dalla prospettiva estetica sono diventate note nei secoli con il nome di certose.

CERTOSA di PONTIGNANO, Siena: guida alla visita ...
La Certosa di Pontignano (Siena)

Il libro testimonia come questa fondamentale devozione al Sacro Cuore era praticata dai grandi mistici del passato già prima delle famose rivelazioni private di santa Margherita Maria Alacoque, avvenute nel XVII secolo, le quali avevano richiesto la consacrazione della Francia al Cuore di Gesù (analogamente a quanto avverrà nel 1917 a Fatima, con la richiesta di consacrare la Russia al Cuore di Maria). Dalla mancata consacrazione del primo caso è scaturito, come sappiamo, il dramma della Rivoluzione francese; mentre dalla tardiva consacrazione del secondo caso è scaturito il dramma della Rivoluzione comunista.




La devozione al Sacro Cuore di Gesù fu diffusa in Europa principalmente grazie all’opera dei gesuiti. Il confessore di santa Margherita, cioè san Claudio de la Colombière, era un gesuita [1641-1682]. Molti gesuiti dei primi tempi frequentarono assiduamente i padri certosini, forse per attingere al loro profondo pozzo di spiritualità, e da questo capiamo come in realtà tutte le devozioni fondamentali della Chiesa affondano le proprie radici in un passato remoto e, in ultima istanza, nella stessa Tradizione apostolica.

Venendo al libro, mi piacerebbe presentarvi alcuni elementi che io ho ritenuto molto interessanti. Il primo è un elemento simbolico ed è il monogramma di Gesù attraversato da una lancia, che troviamo nel frontespizio del libro, e che riproduce il monogramma presente nel chiostro della Grande Certosa.

La lancia di Longino che penetra il costato di Cristo rappresenta l’amore divino che, come una lancia affilata, ha squarciato e aperto il cuore di Cristo per salvare l’umanità intera. Il grande certosino Lanspergio [1489-1539] scrive che il sangue di Gesù è sgorgato dal cuore trafitto “sette volte” (a significare i sette sacramenti) e fa un parallelismo bellissimo che ci fa comprendere come tutta la storia della salvezza si intreccia con la storia dell’umanità.

Dal costato di Cristo, il nuovo Adamo, infatti, nacque la Chiesa, sua sposa mistica, così come dal costato del primo Adamo nacque Eva, sua moglie secondo natura.

Dal Cuore di Gesù sgorgarono acqua e sangue, cioè i sacramenti fondanti del Battesimo e dell’Eucarestia: non è possibile infatti corrispondere alla volontà di Dio (rappresentata dal Cuore di suo Figlio) senza partecipare e ricevere degnamente i Sacramenti. Ma Lanspergio nota che le piaghe di Cristo rappresentano anche virtù ben precise, che aiutano il cristiano a immergersi totalmente nella vita devota.

La piaga del costato rappresenta invece una “sesta virtù duplice”. Si tratta della virtù della carità e della virtù della castità. L’una non può esserci senza l’altra: l’amore vero (non quello sentimentale, animalesco), che è un dono di Dio, implica l’offerta della stessa vita ed è rappresentato dal sangue; ma l’amore vero necessita l’esercizio della purezza, intesa non soltanto come castità del corpo, ma anzitutto come purezza di cuore (appunto).

“Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio”,1Matteo 5,8 ci dice il vangelo. Coloro che liberano il proprio cuore di tutti gli attaccamenti mondani corrisponderanno perfettamente, saranno identici, al Cuore di Cristo e quindi potranno vederlo, cioè contemplare i suoi misteri, come in uno specchio.

Antichi autori certosini, Un lembo di vita buona, Monasterium (gennaio 2019).