Perché Gesù insegnava con parabole?

Questo commento è stato pubblicato sul blog della rettoria “Santa Toscana” in Verona.

Vangelo di oggi: Matteo 13,31-35 - Commento Papa Francesco
Commento al vangelo della IV Domenica mobile
(VI dopo l’Epifania)
, calendario liturgico della forma straordinaria del rito romano

Sequéntia S. Evangélii secundum Matthaéum 13, 31-35.
In illo témpore: Dixit Iesus turbis parábolam hanc: “Símile est regnum coelórum grano sinápis, quod
accípiens homo seminávit in agro suo: quod mínimum quidem est omnibus semínibus: cum áutem
créverit, maius est ómnibus oléribus, et fit arbor, ita ut vólucres caeli véniant, et hábitent in ramis
eius”. Aliam parábolam locútus est eis: “Símile est regnum coelórum ferménto, quod accéptum múlier
abscóndit in farínae satis tríbus, donec fermentátum est totum”. Haec ómnia locútus est Iesus in
parábolas ad turbas: et sine parábolis non loquebátur eis: ut implerétur quod díctum erat per
Prophétam dicéntem: “Apériam in parábolis os meum, eructábo abscóndita a constitutióne mundi”.

Seguito del S. Vangelo secondo Matteo 13, 31-35.
In quel tempo: Gesù disse alle turbe questa parabola: “Il regno dei cieli è simile a un grano di senapa che un
uomo prese e seminò nel suo campo: grano che è la piú minuta di tutte le sementi, ma, cresciuta che sia, è
maggiore di tutti gli erbaggi e diventa un albero: così che gli uccelli dell’aria vanno a riposare sopra i suoi rami”. Un’altra parabola disse loro: “Il regno dei cieli è simile al lievito che una donna rimescola con
tre staia di farina, fintanto che tutta la pasta sia fermentata”. Tutte queste cose Gesú disse alle turbe in parabole: nè mai parlava loro senza parabole: affinché si adempisse quello che era stato detto dal Profeta: “Aprirò la mia bocca in parabole, manifesterò cose che sono state nascoste dalla fondazione del mondo”.

Più che commentare le due parabole particolari proclamate nel vangelo di oggi (commento che comunque potete trovare qui), il presente scritto vuole riflettere sulla metodologia adoperata dal Signore durante il suo insegnamento. Notiamo infatti che egli si limitava a parlare chiaramente ai soli apostoli, mentre alle folle che accorrevano per ascoltarlo era solito parlare per parabole.

Ho sentito spesso dire, anche da sacerdoti, che Gesù parlava alle masse per parabole per rendere semplici concetti di per se stessi molto complessi, ma questa visione è assurda, per almeno due ragioni. La prima (la ragione più nobile, se vogliamo) è che questa visione non è quella insegnata dalla Chiesa negli ultimi duemila anni. La seconda (che invece è quella più evidente) è che questa teoria è costantemente confutata dall’esperienza quotidiana. Le parabole, infatti, com’è ovvio che sia, hanno bisogno di essere commentate e spiegate per essere comprese: esse rappresentano dunque tutt’altro che una semplificazione della Sacra Dottrina!

Ma perché Gesù rendeva così complesso e, in qualche misura, segreto il suo insegnamento? La risposta è in realtà molto semplice: per far capire al popolo che la comprensione della verità di Dio non è una cosa scontata o dovuta, ma che bisogna santificarsi per riceverla e capirla. E’ infatti necessaria la grazia di Dio.

Per questo san Paolo arriva a scrivere: “Parliamo della sapienza tra i perfetti” (2Corinzi 2, 6). Così commenta invece san Tommaso d’Aquino: “Era meglio per le folle che ascoltassero così – sotto il velo delle parabole – la dottrina delle cose spirituali, piuttosto che esserne private del tutto. Tuttavia, il Signore esponeva la verità nuda e chiara di queste parabole ai discepoli, mediante i quali potesse giungere a quelli che erano idonei, secondo il passo di 2Timoteo 2, 2: «Ciò che hai ascoltato da me davanti a molti testimoni, confidalo a uomini fedeli, che saranno idonei a insegnarlo ad altri». E questo era significato da Numeri 4, 5-15, dove si comanda ai figli d’Aronne di avvolgere i vasi del santuario, che i Leviti avrebbero dovuto portare avvolti” (Summa theologiae III, q. 42, a. 3, co.).

Gaetano Masciullo