Come salvarci dallo Stato onnipotente

Questa recensione è uscita sul blog della casa editrice “Fede&Cultura”.

With Coronavirus Comes the Hobbesian Leviathan | The ...

Il periodo che stiamo vivendo ormai da circa due anni di cosiddetta “emergenza pandemica mondiale” ha visto un graduale rinforzamento del potere degli Stati e degli enti internazionali, che funzionano ormai come veri e propri Super-Stati, quasi di orwelliana memoria. I politici, le televisioni, i giornali, persino gli uomini di Chiesa non fanno altro che parlare di un solo problema e la soluzione è sempre la stessa: delegare allo Stato medico.

Ogni volta che, nella società, si finisce per offrire un solo prodotto si determina una crisi. Questo non è vero solo a livello economico, ma anche a livello culturale e filosofico. Il grande economista francese Jean-Baptiste Say aveva notato già nel Settecento che, ogni qualvolta nel mercato si determina una crisi, non è più la domanda a determinare l’offerta, ma il contrario. La legge di Say, espiantata a livello culturale, significa che la gente, estenuata dalla solita minestra politica, ha bisogno di un pensiero nuovo, rinfrescante, alternativo, concreto, pragmatico, capace di parlare all’uomo nella sua dignità e nella sua integrità.

Il libro di Guglielmo Piombini, acuto imprenditore culturale bolognese, pubblicato dai tipi di Tramedoro, è certamente un contributo interessante per divulgare questo pensiero politico sano, utile e attuale. La Croce contro il Leviatano è un libro di poco più di 250 pagine, scritto principalmente per coloro che sono totalmente a digiuno di filosofia politica, eppure avvertono correttamente il bisogno di immunizzarsi dallo statalismo sempre più fagocitante di questi difficilissimi tempi.

Il sottotitolo dell’opera ci mostra la giusta prospettiva: Come il Cristianesimo può salvarci dallo Stato onnipotente. Piombini si pone in un filone di pensiero noto come libertarianismo classico, dove lo Stato non è visto come l’inevitabile organizzazione politica della vita umana (come cinquecento anni di rivoluzione, da Lutero a Marx, ci hanno gradualmente abituato a pensare), ma solo come una delle sue possibili forme, anzi in verità come un male non necessario, che ha come obiettivo ultimo il controllo delle economie private (economia, in greco, vuol dire «gestione della casa») e della morale. Gli uomini e le donne che incoraggiano il relativismo etico sono spesso e volentieri gli stessi che pretendono obbedienza alle leggi e alle azioni dello Stato, dando così a quest’ultimo una patina di autorità e superiorità morale. 

La prima parte del saggio è la traduzione (a opera del sottoscritto) dall’inglese dell’analisi di un pensatore statunitense, James Redford, dal titolo che suona assai provocatorio per l’italiano medio: Gesù era un anarchico. Attraverso l’analisi delle fonti scritturistiche e anche patristiche, Redford mostra l’incompatibilità originaria tra la dottrina di Gesù Cristo e ogni forma di socialismo. La seconda parte, più corposa, parte dalle premesse di Redford per sviluppare il discorso vero e proprio dell’autore, approfondisce le fonti redfordiane e mostra come, anche nel corso della storia moderna, il Cristianesimo si è inevitabilmente contrapposto allo statalismo. 

Questa coscienza antistatalista dei cristiani, spesso assopita in tempi di apparente quiete (come quello iniziato nel secondo dopoguerra e che oggi sembra essere al termine), è emersa in maniera trasversale non solo nella Chiesa cattolica (si pensi alla teologia di san Tommaso d’Aquino, alla Scuola di Salamanca del XVI secolo, ai filosofi della Scuola economica austriaca del XX secolo, al magistero anti-marxista di san Giovanni Paolo II), ma anche nelle altre confessioni cristiane che, con tutti i loro limiti, di fronte alle contraddizioni delle rispettive epoche, si sono umanamente sforzate di ritornare alla visione delle origini. La terza parte del libro analizza dunque la parentesi storica del quaccherismo, un’esperienza religiosa nata in ambito protestante, ma che non è perfettamente inseribile all’interno di quest’ultimo. I quaccheri infatti misero in piedi una comunità che potremmo definire oggi “anarco-capitalista”, dove la dimensione anarchica consisteva nel rifiuto di vedere un’autorità morale negli Stati moderni e la dimensione capitalista comportava il motore del loro successo personale e professionale. 

Guglielmo Piombini mostra con questa pubblicazione ancora una volta la sua grande capacità dialettica di difendere le ragioni della libertà individuale e dimostra abilmente che tra le norme morali del Cristianesimo e i diritti naturali inviolabili del libertarismo classico (un pensiero, come si suole dire oggi, “laico”) c’è piena corrispondenza e possibilità di vicendevole arricchimento e completamento.

Gaetano Masciullo