Come distinguere la vera dalla falsa religione?

Questo articolo è stato pubblicato sul blog della rettoria “Santa Toscana” in Verona.

Angel, Metal, Statue, Cross, Clouds, Last Judgment
Vangelo proclamato nella VII Domenica dopo Pentecoste (forma straordinaria del rito romano)

Matteo ci offre quest’oggi un metodo infallibile di discernimento. Il discernimento è infatti una fase fondamentale della spiritualità di ognuno. Bisogna distinguere il sentimento religioso dalla fede. Quest’ultima è l’adesione dell’intelletto umano alle verità rivelateci da Dio. Il sentimento religioso, invece, è quella “pulsione” umana che spinge ad attribuire un senso all’esistenza, a ricercare qualcosa che mantenga unita la realtà, la fonte ultima del significato. Come suggerisce la parola stessa, tuttavia, il sentimento religioso è un sentimento, cioé proviene dalla “parte bassa” dell’anima (direbbero i teologi scolastici: dall’anima sensitiva), anche se illuminata dalla ragione.

Il sentimento religioso è quindi un fenomeno perfettamente naturale e non va confuso con la virtù di Religione in senso stretto.

Esso può essere fallace e soprattutto instabile, come tutti i sentimenti e le emozioni umane, incluso l’amore, emozione che viene tanto lodata ed esaltata di questi tempi, ma che il realismo cristiano ci indica come moralmente neutro, il cui bene cioé dipende dall’oggetto dell’amore, non dalla passione in se stessa: esiste anche un amore cattivo, che porta a danneggiare noi stessi e gli altri, sebbene – in qualità di amore – possa spingerci a vedere tutto in maniera positiva.

Ecco perché alcune piante da frutto non producono ...

Ed ecco dunque l’ammonimento odierno di Cristo. Spesso anche il dio che crediamo di amare in realtà è un idolo, cioé un dio creato “a nostra immagine e somiglianza”, secondo le esigenze sociali del momento oppure addirittura le esigenze personali. In definitiva, un dio che non esiste. Ed ecco che Dio finisce per pensarla come noi: Dio si uniforma alla nostra volontà, anziché il contrario.

I falsi profeti di cui ci parla Gesù sono tutti coloro che forniscono modalità convincenti di credere e amare Dio, sia dal punto di vista razionale che dal punto di vista emotivo. Come fare dunque per riconoscerli?

Il metodo è (almeno apparentemente) semplice: «Li riconoscerete dai loro frutti» (Mt 7, 16a).

Questo implica già due cose. La prima è che il sano discernimento implica pazienza. Noi oggi abbiamo una relazione strana e conflittuale con il tempo. Spesso vogliamo tutto e subito e dimentichiamo che Dio è anche il Signore del tempo, perché il tempo è una creatura di Dio. Il tempo oggi è causa di parecchie ansie e frustrazioni, spesso “a ragione”, perché costretti in una società frenetica, che ci spinge a procrastinare ciò che andrebbe anticipato e anticipare ciò che andrebbe procrastinato. Ma nella religione non funziona così.

Immagine gratuita di cibo, clessidra, colpo del primo piano

La seconda è che Dio non è relativista: qui Gesù ci sta dicendo che non va bene pensarla come si vuole.

La relazione con una persona non comporta una chiusura verso se stessi, ma un’apertura verso l’altro. Quando amiamo davvero qualcuno, ci preoccupiamo di ascoltare e comprendere le sue necessità e anche di comprendere le sue idee e i suoi valori. Perché non dovrebbe funzionare così anche con Dio? Soprattutto se lo riteniamo Dio e, dunque, sappiamo che quello che egli dice è sommo bene e somma verità.

Nel corso della storia della Chiesa, sono comparsi innumerevoli falsi profeti, che hanno propinato visioni nuove ma distorte della religione cristiana. Tutte queste visioni sono apparse convincenti e buone, ma alla lunga si sono dimostrate fallaci, trascinando alla rovina tanto i propugnatori quanto le povere anime che li hanno seguiti. E la rovina è eterna, che ci piaccia o meno: «Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco» (Mt 7, 19).

Dobbiamo dunque avere grande cura nell’assicurarci di pensarla davvero come Dio, affinché i nostri frutti – che nel linguaggio biblico significano le opere – siano davvero buone. Nel mondo naturale, un frutto è buono se è fertile, se contiene in sè il seme per dare inizio a una nuova vita. Il frutto cattivo è invece sterile.

Da questo dunque si capisce se un insegnamento proviene da Dio oppure no: se spinge a operare bene, in maniera tale che coloro che vedono le nostre opere siano trasformati interiormente, tanto da desiderare una vita nuova, una vita vera.

Gaetano Masciullo