Condivisione o miracolo?

Commento al Vangelo della VI Domenica dopo Pentecoste (vetus ordo Missae).

Questo articolo è stato pubblicato sul blog della rettoria “Santa Toscana” in Verona.

Dipinto di Raffaellino del Garbo: "Moltiplicazione dei pani e dei pesci".
Raffaellino del Garbo, Moltiplicazione dei pani e dei pesci
Vangelo secondo Marco: 8, 1-9

Il vangelo proclamato oggi dalla Chiesa – Domenica 17 luglio 2021, VI Domenica dopo Pentecoste, nella liturgia del rito romano in forma straordinaria – riguarda il famoso episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci.

Molto spesso oggi i teologi spiegano il celebre episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci dicendo che non si trattò propriamente di un miracolo, ma di una “condivisione”. Gesù avrebbe semplicemente esortato i suoi apostoli a condividere con tutti i presenti il pane e i pesci che avevano trovato.

Questo approccio negativo nei confronti della potenza prodigiosa di Dio (come se il senso della condivisione potesse essere eclissato dalla constatazione e dalla meraviglia che il prodigio in se stesso suscita nella mente del credente) viene tuttavia smentito dallo stesso vangelo.

L’evangelista Marco, infatti, scrive che da sette pani e “alcuni pesciolini” i discepoli di Cristo arrivarono a saziare “circa quattromila” persone e che avanzarono persino “sette ceste” di cibo.

Sfido chiunque a saziare quattromila persone con sette pani e a riempire addirittura diversi cestini di sopravanzo!

Andando oltre il miracolo (perché di miracolo certamente si trattò), cerchiamo di capire il significato mistico e spirituale che questo gesto rappresenta.

La moltiplicazione di pani e pesci di cui si parla è la seconda in ordine di tempo di cui ci danno testimonianza i vangeli. Pochi sanno infatti che Gesù compì due volte questo miracolo. Solo i vangeli sinottici di Matteo e Marco ne fanno testimonianza.

Gesù si trovava in quei giorni in una regione pagana, la Fenicia, per ragioni che non sono molto chiare. Molto probabilmente, si era ritirato lì con i suoi dodici discepoli per esperire un momento di santa solitudine, una sorta di “esercizi spirituali” per educare gli apostoli alla preghiera e alla santità.

Moltiplicazione dei pani e dei pesci.
Giovanni Lanfranco, Moltiplicazione dei pani e dei pesci (particolare), 1624 – 1625, olio su tela.

Ma neanche in Fenicia Gesù potette godere della pace che ricercava fuggendo dalla Palestina ebraica. Molto probabilmente, i pagani del luogo avevano sentito parlare di Cristo come maestro di spiritualità e taumaturgo e dunque, venuti a conoscenza della sua presenza in quelle terre, molti intesero incontrarlo per chiedergli miracoli e guarigioni.

Da Tiro Gesù si spostò gradualmente verso il settentrione, a Sidone, poi girò verso oriente e scese per una via a noi ignota verso la Decapoli, fino ad affacciarsi sulla riva orientale del lago di Tiberiade. Qui una incredibile folla di persone si era radunata per ascoltare gli insegnamenti di Gesù – possiamo bene immaginare che non c’erano soltanto ebrei, ma anche tantissimi pagani: cananei, greci, siriani, romani, arabi, etc.

Il vangelo di Marco fa riferimento a un periodo di tre giorni, durante il quale Gesù molto probabilmente non tenne grandi discorsi di natura morale, come aveva fatto con il celebre discorso della montagna, eppure la folla non andò via, quasi riuscisse a saziarsi della sola presenza di Cristo, semplicemente nella consapevolezza che Egli era lì, insieme a loro.

Carta geografica della Fenicia.
Una piccola mappa della Fenicia. Da notare Tiro e Sidone e la loro distanza da Gerusalemme.

La regione tuttavia era arida. Non c’erano centri urbani nei paraggi e le scorte di cibo che le persone avevano portato con sè per pedinare Cristo nel deserto erano in procinto di terminare.

Gesù era ben consapevole del problema e ha confidato ai suoi discepoli: “Ho compassione di costoro, perché già da tre giorni sono con me e non hanno da mangiare; e se li rimanderò alle loro case digiuni, cadranno lungo la via, perché alcuni di essi sono venuti da lontano” (Marco 8, 2-3).

A questo punto si può già fare una profonda considerazione spirituale: c’è un Dio silenzioso che provvede sempre, anche se sembra distratto e disinteressato alla nostra vita.

Dio provvede anche per i pagani, per coloro cioé che non lo conoscono davvero, sebbene la missione profetica di Cristo riguardasse anzitutto i figli di Israele. E per loro fa lo stesso miracolo che, qualche tempo prima, aveva destinato a persone di confessione ebraica: la moltiplicazione dei pani e dei pesci.

Gli apostoli hanno solo sette pani e pochi pesci con sè. Cristo li benedice e compie il miracolo. San Remigio di Rouen [+ 772/787] sottolinea il fatto che Gesù non consegna direttamente i pani alla folla affamata, ma mediante gli apostoli. In effetti, le azioni di Gesù non sono mai casuali: è per sottolineare l’azione mediatrice della Chiesa, della quale gli apostoli sono i primi vescovi.

Da notare anche il parallelismo tra i sette pani e le sette cesta che avanzano. Il numero sette assume un significato molto importante nella numerologia ebraica e cristiana. Esso è il numero del lavoro perfetto, del compimento, della perfezione. Le opere divine sono dunque perfette in se stesse.

Pane azzimo.
Il pane azzimo, usato comunemente all’epoca di Gesù Cristo

Tutto ciò che Dio fa è perfetto, come quando in Genesi si dice dopo la creazione del cosmo: “E vide che era cosa buona”.

Ma la perfezione dell’opera divina è contenuta già nelle poche risorse che spesso pensiamo di avere: sette pani sono insufficienti per saziare quattromila uomini, eppure sono già segno della grandezza di Dio. La stessa perfezione è contenuta nel numero delle ceste che avanzano, cioé nell’abbondanza che Dio concede a coloro che antepongono la giustizia a tutto il resto, secondo quanto lo stesso Cristo ha insegnato: “Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Matteo 6, 33).

Gaetano Masciullo