Chiedete i Sette Doni dello Spirito Santo, e li riceverete

Questo commento è stato pubblicato sul blog della Rettoria Santa Toscana in Verona.

Camminando con Vassilissa: Bigliettino per Cresima

Sequéntia sancti Evangélii secúndum Ioánnem 16, 23-30.
In illo témpore: Dixit Iesus discípulis suis: Amen, amen, dico vobis: si quid petiéritis Patrem in nómine meo, dabit vobis. Usque modo non petístis quidquam in nómine meo: Pétite, et accipiétis, ut gáudium vestrum sit plenum. Hæc in provérbiis locútus sum vobis. Venit hora, cum iam non in provérbiis loquar vobis, sed palam de Patre annuntiábo vobis. In illo die in nómine meo petétis: et non dico vobis, quia ego rogábo Patrem de vobis: ipse enim Pater amat vos, quia vos me amástis, et credidístis quia ego a Deo exívi. Exívi a Patre et veni in mundum: íterum relínquo mundum et vado ad Patrem. Dicunt ei discípuli eius: Ecce, nunc palam loquéris et provérbium nullum dicis. Nunc scimus, quia scis ómnia et non opus est tibi, ut quis te intérroget: in hoc crédimus, quia a Deo exísti.

Seguito del S. Vangelo secondo Giovanni 16, 23-30.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “In verità, in verità vi dico: qualunque cosa domanderete al Padre nel mio nome, ve la concederà. Fino adesso non avete chiesto nulla nel mio nome: chiedete e otterrete, affinché il vostro gaudio sia completo. Vi ho detto queste cose per mezzo di parabole. Ma viene il tempo che non vi parlerò più per mezzo di parabole, ma vi parlerò apertamente del Padre. In quel giorno chiederete nel mio nome e non vi dico che io pregherò il Padre per voi, poiché lo stesso Padre vi ama, perché avete amato me e avete creduto che sono uscito da Dio. Uscii dal Padre e venni nel mondo ed ora lascio il mondo e torno al Padre”. Gli dicono i suoi discepoli: “Ecco che ora parli chiaramente e non dici parabola alcuna. Adesso conosciamo che tu sai tutto e non hai bisogno che alcuno ti interroghi: per questo crediamo che tu sei venuto da Dio”.

In cammino verso la Pentecoste, in questa Quinta Domenica dopo Pasqua, la Chiesa ci ricorda che il Signore Gesù ci ha promesso che qualunque cosa chiederemo a Dio nel nome suo – cioè nell’adesione di Fede al suo sacrificio redentore che ci ha liberato dal peccato antico – la otterremo, se conforme alla sua volontà e utile al nostro progresso spirituale.

Ma non è un caso che questa promessa viene proclamata e ribadita proprio nel cammino verso Pentecoste, perché così la Chiesa vuole ricordarci che la prima cosa che dobbiamo chiedere a Dio per mezzo del Signore Gesù sono quelle virtù soprannaturali che tradizionalmente sono note con il nome di sette doni dello Spirito Santo.

La Scrittura ci mostra la storia dell’uomo, vista dalla prospettiva della Fede, che culmina in Gesù Cristo, e in essa è rispecchiata la storia di ogni individuo che intende intraprendere il cammino della santità, cioè del proprio perfezionamento spirituale.

Gesù non è venuto ad abolire il Decalogo di Mosè, cioè la legge naturale cui ogni uomo è tenuto a obbedire, ma a darne compimento, cioè perfezione. L’obbedienza al Decalogo è semplicemente il primo passo di questa via impervia che è la santità. Certamente non si può essere santi senza rispettare la Legge naturale, ma allo stesso tempo non è sufficiente rispettare quella Legge per essere santi. C’è bisogno di un’unione intima con Dio.

La ragione aveva già insegnato ai filosofi pagani che ci sono quattro virtù naturali e fondamentali, sulle quali crescono tutte le altre: prudenza, fortezza, temperanza e giustizia. La Rivelazione, poi, con san Paolo, ci ha rivelato che ne esistono tre soprannaturali: fede, speranza e carità. Le prime possono essere acquistate con l’ascesi, le seconde solo con la grazia di Dio.

Ma nel vangelo, Gesù ci invita ad andare ben oltre. Egli ci invita a desiderare e chiedere i sette doni dello Spirito Santo. Questo è il motivo per cui insegna agli apostoli la preghiera del Pater (che è infatti una raccolta di sette preghiere, una per ogni dono) e questo è il motivo per cui, nel Discorso della montagna, Gesù parla delle Beatitudini, che significano il merito e il premio di ciascun Dono.

Quando si comprende questo parallelismo tra Virtù, Doni, Beatitudini e preghiere del Pater, tutto il magistero del Signore nel vangelo acquisisce un’altra luce. Possiamo elencare i Doni in due modi diversi.

Il primo modo è quello che si rifà alle virtù corrispondenti, elencate in ordine di importanza, così com’è possibile vedere nello schema qui sopra. La prudenza infatti è la più importante delle virtù e, nell’ambito delle virtù teologali, la fede genera la speranza e insieme esse generano la carità.

Il secondo modo è quello di seguire l’ordine proposto da Gesù stesso nel momento in cui ha insegnato il Pater e ha illustrato le Beatitudini, che è l’ordine con cui Dio infonde i Doni nei suoi santi.

I Doni dello Spirito Santo che dobbiamo chiedere a Dio sono dunque questi sette:

  1. Il Timore di Dio, che è il dono a sostegno della virtù teologale della Speranza. Esso indica quella virtù che ci spinge a non offendere Dio, non per paura dell’inferno (timore servile), ma per paura di separarsi da lui (timore filiale).
  2. La Pietà, che è il dono corrispondente alla virtù cardinale della Giustizia. A livello umano, la pietà è la virtù di venerazione che ogni individuo prova per natura nei riguardi dei propri genitori. A livello mistico, dunque, la pietà intesa come Dono dello Spirito Santo è quella virtù di venerazione che ci fa relazionare con Dio come con un Padre celeste.
  3. La Scienza, che è un dono corrispondente alla virtù teologale della Fede. Essa è quella virtù infusa che ci permette di distinguere con chiarezza le cose da credere da quelle da non credere.
  4. La Fortezza, che – come suggerisce il nome – è il dono corrispondente alla virtù cardinale della Fortezza. E tuttavia non bisogna distinguere la fortezza intesa come virtù cardinale dalla fortezza intesa come dono soprannaturale. Quest’ultima, infatti, è quella virtù che ci spinge a perseverare nella grazia anche a costo della vita, mentre quella naturale è la virtù che ci spinge a perseverare nel bene.
  5. Il Consiglio, che è la virtù corrispondente alla virtù cardinale della Prudenza. Esso è quella virtù infusaci da Dio che ci dirige verso le cose bene ordinate al fine eterno oppure verso quelle cose che ci sono necessarie per ben vivere, siano esse temporali o spirituali. E’ ciò che in fondo chiediamo ogni qualvolta preghiamo per chiedere luce su qualcosa da fare.
  6. L’Intelletto, che è l’altro dono corrispondente alla virtù teologale della Fede. Esso è la virtù infusa che ci permette di comprendere a fondo nei misteri di Fede, cioè nei dogmi della verità rivelataci da Dio.
  7. La Sapienza, che è il dono corrispondente alla virtù teologale della Carità. Essa è l’apica della vita mistica e spirituali ed è un dono proprio dei santi. E’ la vetta del cammino ripido che porta all’unione con il Signore e cui tutti noi dobbiamo ambire. Essa indica quella perfezione della mente umana che ci spinge a seguire la volontà dello Spirito Santo, quasi come se fosse un istinto.

Gaetano Masciullo