L’Ascensione di Cristo

Questo commento è stato pubblicato sul blog della Rettoria Santa Toscana in Verona.

Jeronimo Nadal, Ascensione di Cristo in Cielo (1593)

Sequéntia S. Evangélii secundum Marcum 16, 14-20.
In illo témpore: Recumbéntibus úndecim discípulis, appáruit illis Iesus: et exprobrávit incredulitátem eórum, et durítiam cordis: quia iis, qui víderant eum resurrexísse, non credidérunt. Et dixit eis: Eúntes in mundum univérsum, praedicáte Evangélium omni creatúrae. Qui credíderit, et baptizátus fúerit, salvus erit: qui vero non credíderit, condemnábitur. Signa autem eos, qui credíderint, haec sequéntur: In nómine meo daemónia eiícient: linguis loquéntur nobis: serpéntes tóllent: et si mortíferum quid bíberint, non eis nocébit: super aegros manus impónent, et bene habébunt. Et Dóminus quidem Iesus, postquam locútus est eis, assúmptus est in coelum, et sedet a déxtris Dei. Illi autem profécti, praedicavérunt ubíque, Dómino cooperánte, et sermónem confirmánte, sequéntibus signis.

Seguito del S. Vangelo secondo Marco 16, 14-20.
In quel tempo, Gesù apparve agli Undici, radunatisi per mangiare, e rinfacciò la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano prestato fede a quelli che lo avevano visto resuscitato. E disse loro: “Andate per tutto il mondo, predicate il vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo. Chi invece non crederà, sarà candannato. Ed ecco i miracoli che accompagneranno coloro che hanno creduto: nel mio nome scacceranno i demoni; parleranno lingue nuove; prenderanno serpenti; e, se avranno bevuto qualcosa di mortifero, questo non farà loro male; imporranno le mani ai malati e questi guariranno”. E il Signore Gesù, dopo aver parlato con essi, fu assunto in Cielo e siede alla destra di Dio. Essi se ne andarono a predicare per ogni dove, mentre il Signore li assisteva e confermava la parola con i miracoli che la seguivano.

Tra la Pasqua di Resurrezione e l’Ascensione passano quaranta giorni. Il numero quaranta, nel linguaggio biblico, indica l’umanità nel suo cammino di penitenza e purificazione. Quaranta infatti erano stati i giorni della Quaresima, che avevano avuto come riferimento i quaranta giorni di Gesù nel deserto prima di iniziare il suo ministero terreno, e quaranta sono stati i giorni in cui il Cristo risorto apparve agli apostoli, bloccati nel cenacolo dal timore delle autorità giudaiche, durante i quali Gesù insegnò loro molte cose, tra le quali i fondamenti della liturgia.

Anche questi quaranta giorni che separano la Pasqua dalla Resurrezione, infatti, significano una purificazione della Chiesa, che si rende degna e si prepara a ricevere il grande dono della Pentecoste.

Lo stile della testimonianza evangelica di Marco, oggi proclamata dalla Chiesa durante la liturgia, è molto condensato e duro, com’è suo modo di scrivere. Non c’è una netta distinzione tra le prime apparizioni di Gesù agli apostoli, cui fa in realtà riferimento la prima parte del brano evangelico in cui leggiamo che Gesù sgridò gli apostoli per la loro durezza di cuore, e il racconto dell’Ascensione.

Il vangelo di Luca è un po’ più preciso e ci indica che Gesù “condusse gli apostoli verso Betania” (Lc 24,50). Ma è negli Atti degli apostoli, scritto dallo stesso san Luca evangelista, che scopriamo che l’evento dell’Ascensione si è verificato per l’esattezza sul monte degli Ulivi.

Nello stesso luogo in cui era stato consegnato agli uomini per essere crocifisso, adesso è consegnato al Padre per essere glorificato ed esaltato nella sua divinità. San Tommaso d’Aquino sottolinea l’aspetto pedagogico dell’Ascensione, che si riflette sulle tre virtù teologali.

Infatti, la visione di Cristo che ascende al Cielo con il suo corpo è servita agli apostoli – e a noi che ci facciamo loro discepoli nella dottrina cristiana – “all’aumento della Fede, perché, venendo meno la percezione sensoriale della presenza di Cristo fra di noi, capiamo che Egli avvolge nella sua presenza tutto ciò che esiste e che facciamo; è servita “al sollevamento della nostra Speranza, perché capissimo che il Bene cui dobbiamo aspirare è in alto e quindi difficile da raggiungere e tuttavia non impossibile, perché ce l’ha promesso il buon Dio; è servita “ad innalzare l’affetto della Carità, cioè ad aggiustare la mira ai nostri desideri e orientarli verso le verità eterne e avere così una visione più completa sulla realtà (chi è in alto vede più lontano rispetto a chi è in basso).

Gaetano Masciullo