Celebrare la festa di Ognissanti imparando a conoscere il Purgatorio

Questo commento è stato pubblicato sul blog della Rettoria “Santa Toscana”.

Indulgenze per le Anime del Purgatorio nel giorno dei ...

Sequéntia sancti Evangélii secúndum Matthǽum 5,1-12.
In illo témpore: Videns Iesus turbas, ascéndit in montem, et cum sedísset, accessérunt ad eum discípuli eius, et apériens os suum, docébat eos, dicens: Beáti páuperes spíritu: quóniam ipsórum est regnum cœlórum. Beáti mites: quóniam ipsi possidébunt terram. Beáti, qui lugent: quóniam ipsi consolabúntur. Beáti, qui esúriunt et sítiunt iustítiam: quóniam ipsi saturabúntur. Beáti misericórdes: quóniam ipsi misericórdiam consequéntur. Beáti mundo corde: quóniam ipsi Deum vidébunt. Beáti pacífici: quóniam fílii Dei vocabúntur. Beáti, qui persecutiónem patiúntur propter iustítiam: quóniam ipsórum est regnum cælórum. Beáti estis, cum maledíxerint vobis, et persecúti vos fúerint, et díxerint omne malum advérsum vos, mentiéntes, propter me: gaudéte et exsultáte, quóniam merces vestra copiósa est in cœlis.

Seguito del S. Vangelo secondo Matteo 5,1-12.
In quel tempo, Gesù, vedendo le folle, salì sulla montagna. Sedutosi, ed avvicinatisi a Lui i suoi discepoli, così prese ad ammaestrarli: “Beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati i miti, perché prenderanno possesso della terra. Beati quelli che piangono, perché saranno consolati. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per amore della giustizia, perché di questi è il regno dei cieli. Beati siete voi, quando vi malediranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli”.

In occasione del primo e secondo giorno di Novembre, la Chiesa ricorda e venera rispettivamente le anime sante della Chiesa trionfante e le anime sante della Chiesa purgante. Entrambe le tipologie di anime sono sante, le prime perché già contemplano pienamente l’essenza della divinità, le seconde perché – pur non contemplandola – sono comunque predestinate inesorabilmente a essa.

Nella Chiesa di oggi, non si parla quasi mai purtroppo di questa importante realtà escatologica che è il Purgatorio e spesso lo si relega a una fantasia medievale o all’estro poetico di Dante Alighieri. Ma il Purgatorio è una realtà, soave e al contempo dura, con la quale dobbiamo confrontarci. Spesso tra i credenti serpeggia l’illusione (almeno inconscia) che salvarsi – cioè meritare il Paradiso dopo la morte – sia cosa piuttosto semplice, perché Dio, lo sanno tutti, è Amore e Misericordia. Ma questa credenza è profondamente anti-evangelica. Alla domanda degli apostoli: “Signore, sono pochi i salvati?”, Gesù non rispose direttamente, ma avvisò: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché io vi dico che molti cercheranno di entrare e non potranno” (Luca 13, 23-24).

Il Paradiso è dunque una porta stretta, perché si entra attraverso la Croce: ma questo non vuol dire che il cristianesimo deve essere una forma istituzionalizzata di masochismo. Indica invece con grande realismo che ci si santifica, cioé si diventa perfetti e dunque felici, beati, tramite l’esercizio delle sette virtù, e non tramite l’esercizio del piacere.

Cosa è dunque il Purgatorio? Come insegna il Catechismo, esso è la condizione in cui si trova l’anima umana che muore in stato di grazia (cioè priva di qualunque colpa, sia la colpa originale – lavata a suo tempo dal Battesimo – sia quella personale), ma che allo stesso tempo non ha espiato completamente le conseguenze dei suoi peccati. Sì, perché Dio è giustizia e ha creato il cosmo con giustizia. L’universo è un equilibrio delicato. Ogni peccato nega e toglie all’ordine costituito una parte di questo equilibrio eterno, che deve essere compensato con qualcosa di identico e contrario: questa è la penitenza.

Per questo motivo Dio si è incarnato ed è morto in croce: solo la natura infinita di Dio poteva compensare la gravità infinita del peccato originale. Senza la Croce, il genere umano sarebbe condannato inesorabilmente. Ma torniamo al Purgatorio. La Confessione, ossia il sacramento fondato da Cristo per assolvere le colpe personali, cancella i peccati, ma non cancella le penitenze. Da qui capiamo anche la gravità di quei tanti sacerdoti che oggi non confessano più i fedeli e, quando lo fanno, spesso non assegnano le penitenze al momento dell’assoluzione e, quelle pochissime volte che si verifica l’assegnazione delle penitenze, spesso queste non sono proporzionate alle colpe confessate.

Come diceva santa Caterina da Genova (1447-1510), la grande mistica e “dottoressa” del Purgatorio, come fu chiamata da papa Clemente XII, “il Purgatorio è un Inferno a tempo”. Questo ci deve far riflettere su due aspetti. Il primo è che, a differenza di Inferno e Paradiso, il Purgatorio non è una realtà destinata a essere eterna. Esso è destinato a terminare al momento della Parusia finale di Nostro Signore. Il secondo aspetto è il fatto che le penitenze del Purgatorio non sono esattamente una passeggiata, ma degne di essere paragonate alle pene infernali. In effetti, l’essere umano è un ente corporeo, che fa il male e il bene non con la sola anima, ma anche con il corpo. Questo significa che è chiamato anche a compensare il male che fa in quanto corpo. Eppure, dopo la morte, non avremo più la nostra carne, almeno fino alla resurrezione finale: da ciò deriva anche una maggiore intensità del dolore, tutta concentrata nello spirito, per compensare una colpa che è stata fatta con qualcosa che non c’è più.

Gaetano Masciullo