L’idropico e la Legge

Questo commento è stato pubblicato sul sito della Rettoria di Santa Toscana in Verona.

Guarigione dell’idropico. Affresco romanico del X secolo.

Sequéntia S. Evangélii secundum Lucam 14, 1-11.

Cum intráret Iesus in domum cuiúsdam príncipis pharisaeórum sábbato manducáre panem, et ipsi observábant eum. Et ecce homo quidam hydrópicus erat ante illum. Et respóndens Iesus dixit ad legisperítos et pharisaéos, dicens: Si licet sábbato curáre? At illi tacuérunt. Ipse vero apprehénsum sanávit eum, ac dimísit. Et respóndens ad illos, dixit: Cuius vestrum ásinus, aut bos in púteum cadet, et non contínuo éxtrahet illum die sábbati? Et non póterant ad haec respondére illi. Dicébat áutem et ad invitátos parábolam, inténdens quómodo primos accúbitus elígerent, dicens ad illos: Cum invitátus fúeris ad núptias, non discúmbas in primo loco, ne forte honorátior te sit invitátus ab illo, et véniens is, qui te et illum vocávit, dicat tibi: Da huic locum: et tunc incípias cum rubóre novíssimum locum tenere. Sed cum vocátus fúeris, vade, recúmbe in novíssimo loco: ut, cum vénerit qui te invitávit, dicat tibi: Amíce, ascénde supérius. Tunc erit tibi glória coram simul discumbéntibus: quia omnis, qui se exáltat, humiliábitur: et qui se humíliat, exaltábitur.

Laus tibi, Christe

Dal Vangelo secondo Luca 14, 1-11.

Un sabato Gesù era entrato in casa di uno dei capi dei farisei per prendere cibo e la gente stava ad osservarlo. Davanti a lui stava un idropico. Rivolgendosi ai dottori della legge e ai farisei, Gesù disse: «È lecito curare di sabato?». Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò. Poi disse: «Chi di voi, se un asino o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà subito fuori in giorno di sabato?». E non potevano rispondere nulla a queste parole. Osservando poi come gli invitati sceglievano i primi posti, disse loro una parabola: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più ragguardevole di te e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: Cedigli il posto! Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché venendo colui che ti ha invitato ti dica: Amico, passa più avanti. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».

Lode a te, o Cristo

Il brano del vangelo secondo Luca proclamato durante la liturgia vetus ordo della XVI Domenica dopo Pentecoste, ci mostra Gesù ospite di un capo del Sinedrio, di un fariseo importante. La gente – cioè il mondo, bisognoso di redenzione, di retta catechesi e di battesimo – stava ad osservarlo: cioè si aspettava qualcosa dal Cristo, senza sapere esattamente cosa.

Ecco dunque svolgersi la prima scena di questo brano. Mentre si dirige verso la casa del fariseo, si presenta davanti a lui un uomo idropico, cioé affetto da una malattia che causa un gonfiore esasperato nel volto e nel ventre per l’accumulo di liquidi (com’è tòpos nelle raffigurazioni dell’episodio, sin dai primi secoli). Sappiamo anche dal brano evangelico che l’episodio si svolse di sabato, giorno di riposo e inattività assoluta, così com’era imposto dalla Legge.

Dio consegna le tavole della Legge a Mosè

La domanda quindi fondamentale: «È lecito curare di sabato?». Gesù Cristo, in quanto Dio, conosceva meglio di tutti gli altri il contenuto e la necessità della Legge, che Egli stesso consegnò dall’intimità del fuoco trinitario al suo profeta Mosè. Il decalogo è anzitutto una legge morale, che cioé riguarda il rapporto dell’individuo con la propria stessa perfezione (o santità). In secondo luogo, essa stabilisce una legge sociale, cioé che detta il modo corretto con cui relazionarsi con il prossimo. I farisei e i dottori della Legge avevano eliminato di fatto il primo punto, rendendola sterile, ed esaltato il secondo.

Così facendo, la Legge perdeva il proprio fine, ossia la santificazione dell’uomo. La Legge diventava uno strumento di controllo squisitamente politico delle masse. Oggi assistiamo a un problema molto simile, anzi per certi versi più esasperato e più grave.

Più grave, perché le leggi nel nome della quale si limita il benessere e la libertà degli individui è puramente frutto della mente umana, cioé di altri individui che spesso senza alcuna competenza morale hanno stabilito cos’è bene e cos’è male per tutti.

San Beda il Venerabile | Paolo Gulisano blog
San Beda il Venerabile, monaco inglese vissuto tra VII e VIII secolo, Dottore della Chiesa

Ma l’uomo, vittima di una Legge svuotata del suo fine soprannaturale, è un uomo spiritualmente idropico. San Beda il Venerabile, grandissimo Dottore della Chiesa, così scrive a proposito: «Misticamente, l’idropico rimanda a colui che viene aggravato dal flusso di desideri carnali». E così sant’Agostino di Ippona: «Così come quanto più il malato abbonda di umori disordinati tanto più ha sete, così l’uomo quanto più è desideroso di averi che non sa usare bene tanto più li desidera ardentemente», ed è cioè schiavo di ciò che passa, di ciò che non è eterno.

Un autore non cristiano, ma che tanto ha influenzato il pensiero cattolico, Cicerone, scriveva che «nessuna azione retta, se forzata, è giusta». Quando la società costringe l’uomo al rispetto della legge solo da un punto vista formale e relazionale, di facciata, e non usa la legge morale per il miglioramento dell’individuo dall’interno, la conseguenza è semplicemente quella di reprimere i desideri dell’uomo, così come si reprimono i liquidi corporei dell’idropico, che non hanno sfogo, e causano grande sofferenza all’anima. Il Signore è venuto a sanare con il suo tocco: la Grazia.

Gaetano Masciullo