La domanda di Cana: “Cosa c’è tra me e te?”

Questo commento è stato pubblicato sul blog della Rettoria “Santa Toscana” in Verona.

Purificarci dall'abitudine
II Domenica dopo l’Epifania.
Commento al vangelo proclamato nella forma straordinaria del rito romano
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Sequéntia S. Evangélii secundum Ioánnem, 2, 1-11.
In illo témpore: Núptiae factae sunt in Cana Galilaéae: et erat mater Iesu ibi. Vocátus est áutem et Iesus et discípuli eius ad núptias. Et deficiénte vino, dicit mater Iesu ad eum: Vinum non habent. Et dicit ei Iesus: Quid mihi et tibi est, múlier? nondum venit hora mea. Dicit mater eius minístris: Quodcúmque díxerit vobis, fácite. Erant áutem ibi lapídeae hydriae sex pósitae secúndum purificatiónem Iudaeórum, capiéntes síngulae metrétas binas vel ternas. Dicit eis Iesus: Impléte hydrias aqua. Et implevérunt eas usque ad summum. Et dicit eis Iesus: Hauríte nunc, et ferte architriclíno. Et tulérunt. Ut áutem gustávit architriclínus aquam vinum factam, et non sciébat unde esset, minístri áutem sciébant, qui háuserant aquam: vocat sponsum architriclínus, et dicit ei: Omnis homo primum bonum vinum ponit: et cum inebriáti fúerint, tunc id, quod detérius est: tu áutem servásti bonum vinum usque adhuc. Hoc fecit inítium signórum Iesus in Cana Galilaéae: et manifestávit glóriam suam et credidérunt in eum discípuli eius.

Seguito del S. Vangelo secondo Giovanni 2, 1-11.
In quel tempo, vi furono delle nozze in Cana di Galilea, e lì vi era la madre di Gesù. E alle nozze fu invitato anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù disse a lui: “Non hanno vino”. E Gesù rispose: “Che c’è tra me e te, o donna? La mia ora non è ancora venuta”. Disse sua madre ai domestici: “Fate tutto quello che vi dirà”. Orbene, vi erano lì sei giare di pietra, preparate per la purificazione dei Giudei, ciascuna contenente due o tre metrete. Gesù disse loro: “Riempite d’acqua le giare”. E le riempirono fino all’orlo. Gesù disse: “Adesso attingete e portate al maestro di tavola”. E portarono. E il maestro di tavola, non appena ebbe assaggiato l’acqua mutata in vino, non sapeva donde l’avessero attinta, ma i domestici lo sapevano; chiamato lo sposo gli disse: “Tutti servono da principio il vino migliore e danno il meno buono quando sono brilli, ma tu hai conservato il vino migliore fino ad ora”. Così Gesù, in Cana di Galilea, dette inizio ai miracoli e manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

L’episodio del miracolo alle nozze di Cana è il primo “segno” divino che Gesù compie nella sua vita pubblica ed è narrato dal solo evangelista Giovanni. Questo episodio è davvero ricco di spunti di riflessione e di meditazione. Ne trarremo alcuni.

Se confrontiamo questo segno con i miracoli che Gesù compirà in altre occasioni (si pensi alle innumerevoli guarigioni), forse la trasformazione dell’acqua in vino potrà apparirci qualcosa di ridicolo, quasi da prestigiatore. Per la mentalità biblica, tuttavia, il vino e l’acqua sono due simboli molto importanti, tanto che entrambi sono stati conservati nella liturgia eucaristica.

L’acqua, infatti, rappresenta l’umanità: essa è sinonimo di vita e di purezza, ma in antichità essa poteva divenire anche un pericolosissimo veicolo di malattie infettive. L’ambivalenza dell’acqua tra la vita e la morte rispecchiava dunque bene agli occhi dell’antico popolo di Israele (e non solo) la condizione dell’essere umano: santo e peccatore.

Al contrario, il vino era considerato come la bevanda della gioia, ma anche come un alimento dotato di capacità farmaceutiche, tanto che san Paolo arriva a consigliare l’amico Timoteo, in una sua lettera, di bere vino per curare i problemi di stomaco: “Smetti di bere soltanto acqua, ma fa’ uso di un po’ di vino a causa dello stomaco e delle tue frequenti indisposizioni” (1Timoteo 5, 23).

Storicamente, infatti, si ritiene che tutti gli alcolici siano nati per finalità mediche, e solo successivamente siano stati relegati a bevande di piacere, visto che l’alcol risultava un ottimo anestetico naturale, ma anche una valida difesa dal rigore invernale. Il vino, pertanto, rappresenta la divinità.

Il segno di Cana, pertanto, è un insegnamento che Gesù fa ai discepoli e alla Chiesa, non tramite le parole, ma attraverso i gesti e i simboli, che colpiscono spesso la mente dell’uomo molto più che i concetti e le frasi.

Le giare ripiene di acqua che tramuta in vino rappresentano i singoli uomini, accomunati dalla stessa natura (quella umana), che può essere però redenta e trasformata in Dio solo dal tocco e dalla volontà di Gesù Cristo, inviato dal Padre appositamente per la nostra redenzione.

C’è un ultimo elemento, molto importante e spesso sottaciuto, di questo episodio: il ruolo della madre di Gesù, Maria. Leggiamo infatti che è Maria a chiedere a Cristo di compiere il segno per gli sposi. Ma la risposta di Gesù potrebbe risultarci spiazzante: “Che c’è tra me e te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora”. A livello etimologico, la domanda di Gesù significa letteralmente: “Cosa importa di questa cosa a me o a te?”.

E per questo infatti Gesù aggiunge alla domanda: “Non è ancora giunta la mia ora”, come a dire: dal momento che non è pronto il momento per manifestarmi al mondo come redentore, cioè sulla Croce, non è neanche il momento di santificare l’uomo.

La domanda di Gesù è ancora più stupefacente quando leggiamo la reazione di Maria. Piuttosto che tacere o controbattere, lei procede come se avesse ricevuto una risposta affermativa da parte di Gesù alla richiesta di aiuto e, rivolgendosi ai servi, dice loro: “Fate quello che vi dirà”.

Il ruolo di Maria in questo episodio sottolinea l’importanza dell’intercessione della preghiera dei santi nel nostro rapporto con Dio. E in particolare, l’intercessione proprio di Maria, l’unica donna concepita senza il peccato originale e la creatura con i meriti più grandi dinanzi agli occhi di Dio. Senza la preghiera di Maria, probabilmente gli sposi quel giorno sarebbero rimasti senza vino (e – fuor di metafora – l’umanità rimane senza la grazia).

La domanda di Gesù assume anche un altro significato, di cui ci parla sant’Agostino. La domanda di Gesù è infatti così parafrasata dal Dottore di Ippona: “La parte che in me sta per fare il miracolo non è quella che hai generato tu, ma quella che è stata generata dallo Spirito Santo”. La domanda sarebbe dunque da interpretare alla lettera. Cosa c’è tra Maria e Gesù? La risposta è la seguente: la natura umana, ma una natura perfettamente umana, esente dal peccato originale, ed è in virtù di questo grande merito che la natura divina di Cristo redime l’acqua infetta della natura umana.

Gaetano Masciullo