Il Sacro Cuore del Divin Pastore

Questo articolo è stato pubblicato sul blog della Rettoria di S. Toscana in Verona.

Gesù Cristo, il Buon Pastore, e la pecorella smarrita
Vangelo secondo Luca: 15, 1-10

Il venerdì dopo la solennità del Corpus Domini la Chiesa ha festeggiato la grande festa in onore del Sacro Cuore di Nostro Signore. I testi proclamati nella domenica successiva, cioé quest’oggi, indicata nel calendario liturgico del vetus ordo Missae come III Domenica di Pentecoste, si adattano facilmente ancora una volta alla memoria della festa del Sacro Cuore.

Sacro Cuore di Gesù Cristo.

Se ricerchiamo il filo conduttore che lega le letture di questa domenica, certamente lo ritroveremmo in una virtù, la perseveranza. La devozione del Sacro Cuore di Gesù Cristo ci è stata trasmessa proprio per questo. Il cuore, nel linguaggio biblico, non significa l’amore così come è oggi comunemente inteso.

Non significa cioé un sentimento, un’emozione, una passione dell’anima, mutevole e scostante in base agli eventi della vita. Il cuore denota anzitutto un atto della volontà, che accoglie in se stessa tutte le emozioni e le passioni, le educa (non le reprime!), le rende armoniche con la volontà del Padre. 

La volontà di Cristo è qui adorata sottoforma di un cuore di carne, perché tale devozione non si orienta tanto alla volontà di Cristo in quanto Dio, quanto alla volontà di Cristo in quanto uomo. Sappiamo infatti che, in quanto Dio incarnato, in Gesù Cristo convissero due volontà – quella divina e quella umana – eppure nessuna contraddì mai l’altra, ma anzi tutto ciò che il Signore disse, fece, pensò significò armonia perfetta tra l’alto e il basso, tra il trascendente e l’immanente, il divino e l’umano, l’infinito e il finito. Nella devozione del Sacro Cuore, adoriamo la volontà umana di Gesù perfettamente conforme alla volontà divina e la prendiamo a modello. 

Corona di spine che adorna il Sacro Cuore di Cristo.

Ed ecco che possiamo meditare anche sui simboli che adornano il Cuore di Cristo.

Anzitutto c’è la corona di spine: essa significa la mortificazione dei pensieri, la capacità cioé di saper orientare bene le nostre cogitazioni, a trovare la pace interiore.

C’è poi il taglio laterale, ricordo della lancia di San Longino che trafisse il costato, riferimento ai grandi Sacramenti del Battesimo e dell’Eucarestia, i veri e unici mezzi per perseverare nella grazia e nella verità.

C’è poi la croce immersa in un fuoco: nella prova dobbiamo imparare a riconoscere la mano di Dio, che ci saggia o ci castiga per il nostro perfezionamento. E il fuoco della carità divina avvolge ogni cosa, per trasformarla, risanarla.


Questo cuore non è rimasto mai insensibile dinanzi alle infermità umane: lo vediamo bene nel vangelo odierno. La parabola di Gesù che lascia il gregge per cercare la pecora perduta ci sottolinea anzitutto la missione terrena primaria di Cristo: Egli infatti lasciò la condizione beata della divinità per prendere carne umana e riscattare l’uomo, sua creatura, dal peccato originale, per riportarlo con sè nell’ovile, cioé nella condizione beata del Paradiso.

Ma fa riferimento anche alla Provvidenza costante, che agisce realmente nelle vite di ogni individuo, spesso in modi difficilmente percepibili e assai variegati, con il fine ultimo di ricondurci alla grazia e alla vita vera.

Sta dunque a noi corrispondere a questo moto di amore e troviamo proprio nella devozione al Sacro Cuore l’indicazione sublime per comprendere la via da seguire.

Gaetano Masciullo