Rivoluzione politica e devozione  al Sacro Cuore di Cristo

Pubblico di seguito parte dell’Introduzione al mio articolo pubblicato sulla rivista semestrale di scienze religiose e umanistiche Veritatis Diaconia, n. 15 (Febbraio 2022), pp. 33-50.




Gli ultimi cinque secoli di storia hanno visto il graduale decadimento della Cristianità. Mi riferisco con quest’ultimo termine a un preciso modo di concepire la società europea – modo personalistico e cristocentrico – che è rimasto dominante durante i secoli cosiddetti medievali. Infatti, circa cinque secoli fa, il 31 ottobre 1517, il teologo sassone agostiniano Martin Luther [1483-1546], noto in Italia come Martin Lutero, con la celebre affissione delle 95 tesi sul portone della cattedrale di Wittenberg,1È abbastanza riconosciuto dagli accademici che, in realtà, l’affissione delle 95 Tesi di Lutero a Wittenberg sia pura agiografia protestante e come essa, molto probabilmente, non sia mai avvenuta. Vedi a questo proposito: ISERLOH Erwin (1961), (1970), e PANI Gianfranco (2016), per citare solo tre studi più autorevoli sull’argomento. L’unica fonte dell’epoca che parla di questo evento è Melantone [1497-1560], che tuttavia all’epoca dei fatti era giovane studente a Tubinga. diede avvio alla Rivoluzione protestante e, più generale, al processo rivoluzionario che è ancora in atto. Seguendo la teologia della storia di Plinio Corrêa de Oliveira [1908-1995], la Rivoluzione è definibile come il

movimento che mira alla distruzione di un ordine legittimo e all’instaurazione, al suo posto, di uno stato di cose (intenzionalmente non vogliamo dire “ordine di cose”) illegittimo [e] l’ordine di cose che si sta distruggendo è la Cristianità medioevale.2CORRÊA DE OLIVEIRA Plinio, Rivoluzione e Controrivoluzione (1976), p. 93-94.

Sempre secondo il già menzionato filosofo, tale processo ha assunto diverse fasi, che vanno a colpire e sconvolgere quelli che sono i cinque àmbiti fondamentali della dimensione umana: antropologico, sociale, economico, politico, religioso. L’ordine con il quale sono stati elencati questi cinque àmbiti non è casuale,
ma voluto, perché parte dalla sfera più intima a quella più alta e universale: dall’antropologia, cioè dalla dimensione naturale dell’uomo, alla religione, che riguarda cioè il legame tra l’uomo e Dio, legame che si ripercuote sul modo di relazionarsi con il prossimo e anzi con tutto il creato. La Rivoluzione, tuttavia, non ha seguìto quest’ordine nel suo dispiegarsi, ma al contrario, ha seguìto l’ordine inverso: dalla sfera religiosa alla sfera antropologica.

Le ragioni di questo procedimento inverso nella strategia rivoluzionaria sono facili da comprendere. Se immaginiamo la Cristianità come una roccaforte intorno all’Uomo, la religione rappresenta il muro più esterno, che dà senso e protezione alle mura intermedie: la politica, l’economia, la società, infine l’uomo stesso. E dunque un nemico che proviene dall’esterno è obbligato ad attaccare anzitutto questo muro esterno, minare alle fondamenta quella scala santa che unisce la terra al cielo, per poi procedere all’abbattimento delle altre mura.

Gli eventi storici maggiori degli ultimi cinquecento anni sono così facilmente leggibili sotto la lente della teologia della storia. La Rivoluzione religiosa coincide con la rivoluzione luterana (erroneamente definita “riforma”)3Anche il linguaggio ordinario è stabilito secondo un processo rivoluzionario. La Rivoluzione
protestante ci è stata presentata come “riforma” per trasmettere, sin dal punto di vista lessicale, una concezione positiva della stessa (e, conseguentemente, una concezione negativa della reazione dottrinale cattolica, ambiguamente definita come Controriforma). La definizione corretta dovrebbe invece essere quella di Rivoluzione protestante, per quanto riguarda il movimento eterodosso di Martin Lutero, e di Riforma cattolica, per quanto riguarda il movimento cattolico che ha visto il proprio apice nel Concilio di Trento.
, la Rivoluzione politica coincide con la Rivoluzione francese, la Rivoluzione economica
coincide con l’avvento del socialismo e del comunismo e in particolare con la Rivoluzione d’ottobre, la Rivoluzione sociale coincide con il Sessantotto, infine adesso viviamo l’ultima fase della Rivoluzione, quella antropologica.

La Contro-Rivoluzione, conseguentemente, è così definibile, sempre secondo quanto insegna Plinio Corrêa de Oliveira:

Se la Rivoluzione è il disordine, la Contro-Rivoluzione è la restaurazione dell’Ordine. E per Ordine intendiamo la pace di Cristo nel Regno di Cristo. Ossia, la civiltà cristiana, austera e gerarchica, sacrale nei suoi fondamenti, antiugualitaria e antiliberale4La parola ‘liberale’ è da Corrêa de Oliveira usata con il seguente significato: «Il diritto di pensare, di sentire e di fare tutto quanto le passioni sfrenate esigono è l’essenza del liberalismo. Ciò appare chiaramente nelle forme più esacerbate della dottrina liberale. Analizzandole, ci si accorge che il liberalismo dà poca importanza alla libertà per il bene. Gl’interessa solo la libertà per il male. Quando è al potere, [esso] toglie facilmente e perfino con soddisfazione al bene la libertà, in tutta la misura possibile. Ma protegge, favorisce, sostiene, in molti modi, la libertà per il male. In questo dimostra la sua opposizione alla civiltà cattolica, che dà al bene tutto l’appoggio e tutta la libertà e limita, per quanto possibile, il male. Ora, questa libertà per il male è precisamente la libertà così com’è intesa dall’uomo in quanto “rivoluzionario” nel suo intimo, cioè in quanto consente alla tirannia delle passioni sulla sua intelligenza e sulla sua volontà. E in questo senso il liberalismo è frutto dello stesso albero che produce l’ugualitarismo» (p. 103, miei corsivi). La parola ‘liberalismo’ è infatti stata usata, negli ultimi secoli, in tanti sensi, spesso opposti tra loro. Il liberalismo classico – inteso come limitazione della coercizione politica a vantaggio della libertà individuale, al fine di garantire alla persona il progresso economico e spirituale – è un pensiero corretto e compatibile con la dottrina cattolica, che anzi affonda le proprie radici nel pensiero politico di san Tommaso d’Aquino e della Scuola di Salamanca. Il ‘liberalismo’ cui fa riferimento Corrêa de Oliveira, al contrario, è l’esito paradossale del collettivismo politico (ciò che il liberalismo classico combatte) e che forse più correttamente dovrebbe essere definito ‘libertinismo’. Scrive infatti il nostro filosofo: «Accanto all’orgoglio, generatore di ogni ugualitarismo, sta la sensualità, nel senso più ampio del termine, fonte del liberalismo. In queste tristi profondità si trova il punto d’incontro fra questi due princìpi metafisici della Rivoluzione, l’uguaglianza e la libertà, che da tanti punti di vista sono contraddittori» (p. 102). […]. La Contro-Rivoluzione non è, dunque, una semplice retrospettiva dei danni causati dalla Rivoluzione nel passato, ma uno sforzo per sbarrarle la strada nel presente.5CORRÊA DE OLIVEIRA Plinio (1976), p. 125, 124.

La strategia controrivoluzionaria è esattamente opposta a quella rivoluzionaria, ossia deve partire dalla ricostruzione dell’individuo, della persona, bisogna partire dalla controrivoluzione antropologica per poi arrivare gradualmente alla controrivoluzione religiosa. Le fasi rivoluzionarie sono dunque strettamente
connesse tra loro, da un punto di vista logico. Ogni fase della Rivoluzione ha in sé le premesse utili allo sviluppo delle fasi successive. Raramente, tuttavia, il singolo pensatore rivoluzionario è stato capace di comprendere le conseguenze logiche di quanto insegnava: ad esempio, Martin Lutero non era in grado di
prevedere come la sua visione di Chiesa nazionale (anziché universale, “cattolica”) avrebbe contribuito alla nascita dei nazionalismi, al rafforzamento dell’ideologia statalista, al moderno suprematismo germanico, fino ad arrivare alla tragedia del nazionalsocialismo.

Il presente studio vuole però limitarsi a indicare al lettore – si spera: intimamente vocato alla Contro-Rivoluzione – due strumenti utili in tal senso. È un articolo di teologia e, particolarmente, di teologia della storia. Se è vero che il fine della Contro-Rivoluzione è l’instaurazione della Cristianità,6Sarebbe una grave illusione, nonché un grave errore, sperare di ricostruire una Cristianità identica a quella medievale. La nuova Cristianità sarà in continuità con quella antica, ma non bisogna pensare che la storia sia finita nel XIV secolo. e se l’essenza della Cristianità è pax Christi in regno Christi, sarebbe ingenuo, forse persino stolto da parte nostra, non sperare gli strumenti più convenienti per questa lotta dallo stesso provvidente sovrano, che è Cristo. E difatti questi strumenti ci sono stati indicati e sono, come argomenteremo, le due maggiori devozioni cattoliche della modernità: la consacrazione al Sacro Cuore di Cristo e la consacrazione al Cuore Immacolato di Maria. Nel presente studio, ci limiteremo all’analisi della prima.

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Gaetano Masciullo