Marca di confine. La Guerra d’Ucraina tra Russia, NATO e Cina.

La storia da manuale scolastico ci insegna che la Guerra Fredda tra Stati Uniti d’America e Unione Sovietica si è conclusa de facto il 9 novembre 1989, con la Caduta del Muro di Berlino e il conseguente collasso dell’Impero bolscevico, avvenuto il 25 dicembre 1991. Alcuni storici, minoritari, tra cui spicca il celebre divulgatore Alessandro Barbero, ritengono addirittura che la Guerra Fredda sia terminata durante gli anni Sessanta, con l’inizio di quel periodo noto come “distensione”. Una corrente ancora più minoritaria, probabilmente, ritiene invece che la Guerra Fredda sia ancora in corso.

Sì, è vero: nel 1991, l’Unione Sovietica è scomparsa dalla faccia della terra, ma non è scomparso il significato culturale e ideologico che essa recava con sé: il comunismo, che è anzitutto un modello economico, ma non è soltanto questo.

Il comunismo è quella dottrina economica secondo la quale i beni e i servizi sono prodotti in maniera più efficiente e, di conseguenza, meglio distribuiti se e soltanto se la produzione è affidata interamente allo Stato, l’unica istituzione capace di fare il bene di tutti e di applicare il principio di uguaglianza. Ma da questa tesi fondamentale segue tutta un’impalcatura ideologica che tocca tutti gli ambiti della vita dell’essere umano, fino ad arrivare alla dimensione più intima e spirituale.

No, il socialismo – del quale il comunismo è solo una branca – non è morto insieme all’URSS nel 1991. Il socialismo, in effetti, ha una grande capacità di cambiare aspetto, mutare forma e adattarsi alle circostanze storiche o alle esigenze di un determinato popolo.

Anche in Russia il socialismo non è morto, ma ha cambiato maschera. Dal 1991, quindi, non è andata affermandosi l’egemonia culturale degli Stati Uniti sul mondo. Anche da libertari possiamo, in realtà, essere felici di questo. La formazione di un governo mondiale, un super-Stato che vada sviluppandosi sulla scia dell’ONU, desiderato da pressoché tutti i liberal americani, non è auspicabile. Siamo un po’ meno felici, tuttavia, se pensiamo alle alternative del modello made in USA. E questo modello è il modello cinese, probabilmente a oggi il vero erede del patrimonio sovietico.

Il gigante economico della Cina e il gigante militare della Russia (ricordiamoci infatti che, dopo gli USA, la Russia è la seconda potenza militare al mondo) hanno sviluppato negli ultimi decenni una solida alleanza, che in questi giorni di tensioni internazionali sta emergendo in tutta la sua forza.

Per comprendere la geopolitica russo-cinese non bisogna semplicemente ragionare e analizzare con le proprie categorie economiche, politiche o ideologiche. Bisogna avere il coraggio di mettere tra parentesi le proprie convinzioni e imparare ad ascoltare l’altro, comprendere le logiche che sottendono le sue azioni e i suoi pensieri. La Scuola Austriaca di economia, che vede in Ludwig von Mises uno dei suoi principali punti di riferimento, vede in maniera forse un po’ cinica, ma tremendamente realistica, che la società è composta solo di individui e che gli individui agiscono per interessi. Quando uno (o più individui) prende le redini dello Stato, allora ha il potere di “oggettivare” i propri interessi e presentarli alla maggioranza come l’unica verità credibile.

Lo Stato non siamo noi – al contrario di quanto vorrebbe la vulgata socialista. La parola ‘Stato’ denota semplicemente una classe ben precisa della società: i burocrati che fanno le leggi e puniscono chi le trasgredisce. È una classe complessa e fortemente gerarchizzata, evidentemente, nonché spersonalizzata. Per questo è difficile da combattere. Lo Stato è una classe che, come le altre classi che compongono la società, sono immerse nel mercato: perché per quanto puoi odiare le logiche del mercato, queste sono spontanee e, si potrebbe dire, quasi “naturali” per l’essere umano.

A differenza delle altre classi, lo Stato è un attore sleale sul mercato, perché la classe di Stato usa la coercizione, anziché la persuasione. E per rendere le altre classi felici di essere costrette nel cedere a quella una parte della propria ricchezza, lo Stato deve indossare l’abito dell’autorità morale. Talvolta anche di quella più propriamente religiosa.

Ho cercato di analizzare da questa prospettiva, in maniera molto rapida e poco sistematica, divulgativa anziché accademica, come conviene a un instant book, la filosofia politica che soggiace ai progetti geopolitici russi e cinesi che sono in corso e dei quali la Guerra d’Ucraina appare solo come un tassello. È uscito infatti per i tipi della casa editrice Monolateral Marca di confine. La Guerra d’Ucraina tra Russia, NATO e Cina.

Il libro consta di due interventiil mio è il primo, mentre il secondo è scritto dal sacerdote cattolico, nonché direttore della rivista scientifica – completamente digitale e consultabile gratuitamente – StoriaLibera, Beniamino Di Martino– e offre diversissimi spunti di riflessione sul conflitto in corso, sempre però dalla prospettiva della Scuola Austriaca di economia: elemento questo che rende unico, ad oggi, il libro sul mercato editoriale italiano.

Non abbiamo voluto, come autori, prendere le difese di Putin (come si fa ormai nel mondo della Destra populista, anche italiana) ma neanche le difese di Biden o della NATO. Abbiamo semplicemente cercato di analizzare la situazione super partes, mostrando i punti deboli dell’uno e dell’altro schieramento.

In particolare, io ho voluto introdurre al lettore italiano la figura di Alexander Dugin, il filosofo vivente più importante, non perché dica cose vere, ma perché oggi è il più ascoltato nelle mosse geopolitiche. Nel libro presento per sommi capi la Quarta Teoria Politica, quelle sue tesi che ho ritenuto essere compatibili con la posizione libertaria e quelle che invece bisogna assolutamente ripudiare. Non posso fare altro, dunque, che invitarvi alla lettura e augurarvi buone riflessioni.

Gaetano MASCIULLO, Beniamino DI MARTINO, Marca di Confine. La Guerra d’Ucraina tra Russia, NATO e Cina, Monolateral (Marzo 2022).

Gaetano Masciullo